24 Giugno 2022

Emergenza liquami, chiuso anche l’impianto di San Donnino. Gli spurghisti minacciano lo sciopero generale

Gli spurghisti di Prato, Firenze e Pistoia possono conferire i liquami solo nell'unico impianto rimasto aperto in zona, quello del Calice. La stessa Publiacqua, che gestisce la struttura di San Donnino, minaccia il ricorso al Tar contro la Regione


In Toscana è di nuovo emergenza liquami. “Firenze, Prato, tutta la Piana e molte province limitrofe si ritrovano di nuovo senza un impianto dove potere andare a conferire i fanghi provenienti dallo svuotamento delle fosse biologiche di abitazioni, uffici, ospedali e immobili pubblici”, fa sapere il Consorzio Spurghisti Associati. Dopo le modifiche normative introdotte dalla Regione Toscana che nel giugno 2021 hanno portato alla chiusura dei cancelli dell’impianto di Baciacavallo di Gida a Prato, infatti, adesso arriva lo stop anche per Publiacqua. A seguito di una comunicazione della Regione, l’impianto di San Donnino è infatti fermo da settimane sul fronte della ricezione dei fanghi provenienti dalle aziende di spurgo. Per il Consorzio Spurghisti Associati, che raggruppa 46 aziende del settore degli spurgo fra Firenze, Prato, Pistoia, Siena, Valdelsa e Valdarno, questo stop significa vedere bloccare senza preavviso un contratto da 1,7 milioni di euro che consentiva alle imprese del Csa di conferire 56mila tonnellate di fanghi all’anno nell’impianto di San Donnino.

“La situazione è tragica – accusa Massimo Durgoni, responsabile commerciale del Csa -. Da un giorno all’altro il settore degli spurgo si è ritrovato senza la possibilità di conferire 400 tonnellate al giorno di fanghi nell’impianto di San Donnino. Senza dimenticare che ci mancano anche 750 tonnellate di liquami a settimana che prima conferivamo a Baciacavallo. E’ incredibile da pensare, ma Firenze non ha nemmeno un impianto attivo per la ricezione dei fanghi degli spurgo, anche perché quella che fu definita imminente apertura dell’impianto di San Colombano, si è poi trasformata per lungaggini burocratiche in un’ulteriore promessa non mantenuta. E Prato può contare solo sul Calice, che è chiaramente insufficiente per potere soddisfare le esigenze dell’intera area metropolitana”.

Il settore degli spurgo minaccia di nuovo lo sciopero generale, come già avvenuto nell’ottobre 2018. Il passo successivo potrebbe essere addirittura la sospensione totale del servizio di svuotamento delle fosse biologiche. Un elemento che assume contorni ancora più critici se si pensa che siamo in estate, uno dei periodi più gettonati da uffici, condomini e abitazioni per svuotare le fosse biologiche. Per il momento le aziende degli spurgo stanno cercando di tamponare l’emergenza conferendo i fanghi a Lucca e a Santa Croce: questo però significa maggiori costi, più rischi nei trasporti dei liquami e naturalmente maggiore inquinamento a causa degli spostamenti più lunghi. Una situazione d’emergenza già denunciata dal presidente di Confindustria Toscana Nord, Daniele Matteini che si è appellato alla Regione per chiedere di ‘semplificare le procedure’ in materia di depurazione.

“La cosa che dà più fastidio – prosegue Durgoni -, è che nessuno in queste settimane da Publiacqua si sia preoccupato di chiamarci per informarci sull’evoluzione della situazione. Si sono limitati a inviarci una mail, comunicandoci la chiusura dell’impianto. L’amministratore delegato Saccani ci ha completamente ignorato, nonostante Publiacqua fosse inadempiente sul contratto firmato nemmeno un anno fa”.

Parole, quest’ultime, subito smentite da Publiacqua, che dice: “Siamo sinceramente stupiti dei contenuti e dei toni della nota diramata dal Consorzio Spurghisti Associati ed inerente la chiusura temporanea dell’Impianto di San Donnino. Come è noto al consorzio stesso, Publiacqua è stata infatti costretta a tale atto in virtù di un provvedimento della Regione Toscana che ha di fatto determinato l’impossibilità a ricevere i reflui presso l’Impianto di San Donnino. A tale atto Publiacqua ha prontamente richiesto alla Regione Toscana che, in autotutela, revocasse il provvedimento e, in assenza di risposte positive, procederà a effettuare ricorso al TAR. Ricordiamo che la chiusura dell’impianto determina per l’azienda un mancato fatturato pari a 230mila euro al mese e Publiacqua stessa risulta come soggetto danneggiato da tale provvedimento. In merito alle altre affermazioni contenute nel comunicato, sottolineiamo poi come la realizzazione dell’impianto di trattamento presso il Depuratore di San Colombano sia nel piano degli investimenti di Publiacqua e inserita tra le opere per le quali è stato richiesto il finanziamento nel PNRR. Nessun ritardo è quindi addebitale a Publiacqua che realizzerà l’intervento nelle tempistiche previste dai piani stessi. Ricordiamo infine al consorzio che non è Publiacqua il soggetto con cui aprire un tavolo di confronto su queste tematiche ma semmai lo deve fare con gli enti che rilasciano le autorizzazioni”.

 

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