“Io e Alika ci siamo conosciuti a Prato dieci anni fa. A quel tempo lavoravo come badante a Ferrara e facevo avanti e dietro col treno verso Prato. Poi, per stare insieme ci siamo trasferiti a Padova dove è nato nostro figlio Emmanuel”. E’ il racconto di Charity Oriakhi affidato al quotidiano La Stampa, che parla di come abbia conosciuto a Prato Alika Ogochurwu, l’ambulante nigeriano di 39 anni ucciso per strada a Civitanova Marche davanti agli occhi dei passanti. Charity è la moglie, ed è proprio lei a ricordare i bei tempi di quando nel 2012 si conobbero a una festa a Prato organizzata da connazionali.
Sia Charity che Alika erano arrivati in Italia su un barcone: lei diretta verso l’Emilia Romagna, lui a Prato. Del loro passaggio non c’è traccia nei registri dell’accoglienza pratese. Il nome di Alika non compare né nell’anagrafe dei migranti del Comune, né negli archivi dell’Opera Santa Rita o della cooperativa Pane & Rose all’epoca impegnati nell’emergenza migranti. Alika infatti non aveva fatto ricorso al sistema dell’accoglienza, bensì era andato a vivere a casa di un connazionale, come conferma l’avvocato Francesco Mantella che adesso assiste la moglie dell’ambulante nigeriano.
La presenza della coppia a Prato è durata circa un anno e mezzo. Un periodo nel quale hanno condotto uno stile di vita molto riservato, tanto che i rappresentanti della comunità nigeriana a Prato, interpellati dalla nostra emittente, non erano a conoscenza del loro passaggio in città. Dell’omicidio di Alika la comunità ne ha parlato anche domenica scorsa durante il consueto appuntamento religioso all’oratorio di San Sebastiano in piazza San Domenico: tutti sono rimasti molto scossi dall’accaduto, manifestando totale solidarietà alla famiglia dell’ambulante ucciso.