26 Agosto 2022

Tessile e costi energetici, Confindustria: “Camminiamo sull’orlo dell’abisso”

Confindustria Toscana Nord richiede un intervento urgente alla politica


Fra i settori che più soffrono per l’impennata dei costi energetici figura il tessile: spesso non ce n’è percezione, ma le lavorazioni tessili sono quasi tutte ufficialmente energivore, con tintorie e rifinizioni che sono anche e soprattutto gasivore (i criteri sono fissati dalle “Nuove linee guida sugli aiuti di stato all’energia e all’ambiente” dell’Unione Europea pubblicate alla fine dello scorso dicembre). Nel caso delle oltre 2.500 imprese tessili del distretto pratese ben tre quarti di queste (esattamente il 76%, la quasi totalità delle imprese con consistente utilizzo di macchinari) sono energivore; fra le aree tessili italiane Prato è la prima per consumi di energia elettrica, sfiorando da sola il 15% del totale dei consumi nazionali nel settore (dati Terna 2019). L’impatto enorme e destabilizzante dell’incremento dei costi energetici viene denunciato dalle imprese della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord fin dagli ultimi mesi del 2021: “ma oggi la situazione ha raggiunto e varcato il limite della capacità di sopportazione da parte dei conti aziendali”, dice l’associazione.

“La situazione è estremamente grave e se lasciata a se stessa rischia di portarci al disastro – constata Francesco Marini, imprenditore tessile e componente il Consiglio di presidenza di Confindustria Toscana Nord -. Già prima di questa crisi le imprese italiane lamentavano il 30% di costi energetici in più rispetto ai concorrenti europei. Ora questo gap è diventato, almeno rispetto ad alcuni paesi, ancora più ampio e l’Italia ha uno dei costi energetici più alti d’Europa: anzi, fra i paesi europei manifatturieri è di gran lunga il primo per onerosità. Il nostro settore ne sta facendo le spese in maniera pesantissima e Prato, con le sue imprese di filiera, rischia davvero grosso: chiusure o come minimo una perdita forte di competitività, con effetti economici e sociali molto gravi. Non dimentichiamo che anche la domanda non è certo in fase espansiva, con l’Europa che arranca e gli Stati Uniti in recessione tecnica. In questa situazione ci aspettiamo da parte della politica attenzione massima e immediata. Sia chi siede nel Parlamento uscente sia chi è candidato a entrarvi ci dica cosa intende fare e si faccia portavoce anche delle intenzioni delle rispettive forze politiche. Non è vero che non si può fare nulla. Altre nazioni stanno adottando misure che portano dei benefici: aiuti di Stato diretti alle aziende, prezzi amministrati per parte delle forniture, tetti ai prezzi dell’energia elettrica. Energia elettrica che peraltro è prodotta solo in parte in impianti a gas e non si deve far finta che sia agganciata in maniera diretta ai prezzi del metano”.

“Dopo il durissimo colpo subito durante la fase acuta della pandemia, con le imprese prima chiuse e poi intrappolate in un mercato della moda ai minimi termini, siamo a un’altra sfida non meno difficile – aggiunge Maurizio Sarti, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord -. Eravamo ripartiti piuttosto bene e quest’anno si era aperto con buone prospettive, sebbene cominciassero già a farsi sentire gli effetti dei rincari di gas, energia elettrica e materie prime. Veniamo da mesi in cui c’è stata una domanda sostenuta per le tipologie pratesi: ma lavoravamo l’invernale ed è particolarmente difficile capire cosa potrà accadere adesso con le collezioni primavera-estate, sulle quali la concorrenza internazionale è più ampia e pressante. Fin dall’inizio ho detto che gli oneri aggiuntivi che gravano sulle lavorazioni dovevano essere assorbiti dall’intera filiera, cosa che poi almeno in parte è avvenuta e che continua a mantenere una sua validità. Ma ora non basta nemmeno questo, perché l’entità del problema è eccessiva per limitarsi a ragionare in questi termini: il rischio è di andare fuori mercato e di vedere i clienti rivolgersi altrove”.

“Siamo camminando sull’orlo di un abisso – evidenzia Riccardo Matteini Bresci, che nella sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord coordina il gruppo Nobilitazione e lavorazioni tessili, dove confluiscono le imprese più colpite dai rincari -. Le lavorazioni tessili hanno visto la propria bolletta energetica prima raddoppiare, poi triplicare, poi arrivare a cinque, sei volte di più rispetto all’ultimo anno definibile come normale, il 2019. Questo per molti ha significato vedere sparire i propri margini, se non lavorare in perdita. Occorre ricordare che la produzione pratese è non solo quantitativamente ampia ma anche qualitativamente molto articolata: Prato non fa solo moda di alto livello, ma anche quei beni essenziali che servono per vestire tutte le persone. Se i prodotti di fascia più alta possono, con fatica, assorbire gli aumenti, quelli di livelli più ordinari non hanno margini per farlo. Questo significa che imprese specializzate in queste produzioni rischieranno il default e che altre imprese che magari si muovono su più livelli circoscriveranno la loro attività solo alla fascia top di gamma. Una prospettiva del genere è devastante anche perché è dai grandi numeri delle produzioni di base che si trova linfa finanziaria e tecnica per le fasce più alte. Il costo economico e sociale di dinamiche di questo genere sarebbe drammatico e non è affatto mera ipotesi ma una prospettiva dietro l’angolo. E’ vero, eravamo ripartiti bene dopo il covid: fino a qualche mese fa c’era attivismo e una rinnovata voglia di investire. Ora credo che in molti tireranno i freni. Io stesso, come molti colleghi, sto facendo una riflessione sulla possibilità di circoscrivere l’attività aziendale utilizzando solo parte degli impianti: siamo in molti a ragionare, giocoforza, in questi termini”.

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