17 Febbraio 2023

A Prato il disegno di un Cristo in croce realizzato da un deportato ad Ebensee

L'opera sarà esposta durante la manifestazione per l'anniversario del 7 marzo 1944


Consegnato dalla Casa della Memoria di Milano alla delegazione ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati), assieme al presidente del Consiglio comunale di Prato Gabriele Alberti, la presidente del Consiglio comunale di Montemurlo Federica Palanghi e l’assessore alla Memoria Ilaria Santi, un eccezionale disegno realizzato all’interno del lager di Ebensee dal magistrato Franco Ferrante, ex deportato.

Il disegno, dalla grandissima valenza storica, è stato dato in prestito a Prato da Francesca Lodi, nipote del magistrato per essere esposto durante la manifestazione che il Comune ogni anno organizza insieme ad ANED e alle altre associazioni di memoria pratesi in occasione dell’ anniversario degli scioperi del 7 marzo 1944, che videro la deportazione di numerosi lavoratori pratesi. L’opera sarà poi restituita alla Casa della Memoria che continuerà a celebrarla come memoria dall’altissimo valore storico ed etico.

La storia. Si tratta di un disegno – il volto di un Cristo in croce – realizzato nell’agosto 1944 a Ebensee con carbone e calce su carta da pacco da un architetto triestino di nascita ma milanese di adozione, Mario Morgante, e da questi affidato all’amico Franco Ferrante che lo aveva appeso nella baracca dove era impiegato. Un ufficiale SS entrato nella baracca buttò a terra il disegno, ordinandone la distruzione. Invece di distruggerlo, Morgante se lo riprese e non sappiamo come riuscì a salvarlo e a portarlo a casa dopo la liberazione. Un giorno Aldo Carpi, direttore dell’Accademia di Brera, ex deportato a Gusen e amico di Ferrante, lo vide in una bancarella dove si raccoglievano soldi per i superstiti dei campi e lo comprò per poi donarlo proprio all’amico magistrato, il quale lo tenne appeso in casa propria fino alla morte. Affidato per testamento alla nipote Francesca Lodi, quel disegno è stato donato all’ANED dalla stessa Francesca Lodi, un mese prima di morire a Milano, nel maggio scorso. L’ANED lo custodisce come un cimelio prezioso, testimone della volontà di resistenza dei deportati italiani in uno dei peggiori lager nazisti.

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