9 Febbraio 2023

Protesta del Si Cobas sotto Confindustria: “Lavoratori sfruttati dai terzisti”

Oggi il sit-in di protesta che si è svolto sotto il palazzo dell'industria in via Valentini. La replica della Ritorcitura 2000 e dell'associazione degli industriali


Un sit-in di protesta sotto il palazzo dell’industria: è quello organizzato dal sindacato Si Cobas, che denuncia le irregolari condizioni di lavoro di alcuni operai attivi dentro la Ritorcitura 2000 di Montemurlo e un’altra azienda di Prato che lavora in conto terzi per le ditte del Consorzio promozione filati di Confindustria. Presente una decina di manifestanti, ma solo tre di loro lavorano per la Ritorcitura. Gli operai hanno riferito di turni che durano 12 ore per sette giorni la settimana. “Ritorcitura 2000 è terzista di aziende come Millefili, Pinori e Filpucci – dichiara Francesca Ciuffi del Si Cobas -, chiediamo perciò che queste aziende e la stessa Confindustria verifichino personalmente che i contratti vengano rispettati e che le persone lavorino legalmente, non limitandosi a firmare contratti nazionali in cui parlano di responsabilità in solido. In quanto committenti non possono smarcarsi dalla denuncia di sfruttamento portata avanti dai lavoratori della loro stessa filiera. Altrimenti assumano direttamente loro questi persone”.

Pronta la replica della Ritorcitura 2000 che – tramite una nota diffusa dall’avvocato Simone Calzolai che rappresenta la società – rende noto di aver “contestato in radice ed in ogni sede la realtà dei fatti così come affermata dal Sindacato Si Cobas ribadendo la propria posizione anche davanti alla competente autorità amministrativa (Direzione Territoriale del Lavoro). La Ritorcitura Duemila srl ha faticosamente costruito nel corso di una esperienza pluridecennale un ruolo importante nell’economia della città di Prato, dimostrando capacità imprenditoriale ed impiegando la propria manodopera nel rispetto della normativa vigente. Dal mese di settembre 2022 – si legge ancora nella nota – l’azienda subisce ingiustificate iniziative di mobilitazione ed agitazione organizzate dal sindacato Si.Cobas che consistono in ripetuti attacchi direttamente lesivi del prestigio e della reputazione aziendale non solo di Ritorcitura Duemila, ma di tutti i soggetti ingiustamente evocati”. L’azienda sottolinea inoltre che “l’accostamento di Ritorcitura Duemila srl a politiche lavorative in contrasto con la normativa giuslavoristica, quotidianamente effettuato da Si.Cobas, con modalità scorrette sui media locali e nazionali, addirittura condotte all’ingresso di Pitti Filati con volantinaggio anche in lingua Inglese, ha prodotto un ingente danno economico all’azienda, stimabile nella riduzione del 60% del proprio fatturato, che verosimilmente avrà ripercussioni negative proprio sui lavoratori dipendenti dell’azienda, rendendosi al più presto necessaria una ristrutturazione aziendale di riequilibrio degli assetti lavorativi, con il ricorso obbligato a procedure di riduzione dell’impiego del personale dipendente e con il ricorso agli ammortizzatori sociali. Fermo restando il diritto dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali di rivendicare pretese attinenti allo svolgimento del rapporto di lavoro, non può essere consentito che tali rivendicazioni avvengano con modalità ed iniziative che, travalicando l’interesse dei soggetti rappresentati vanno a costituire un vero e proprio atto illecito” si legge ancora nella nota.

Anche la replica di Confindustria Toscana Nord non si è fatta attendere: “Gli interlocutori sindacali dei lavoratori che Confindustria Toscana Nord riconosce ad oggi come tali sono quelli che con Confindustria sottoscrivono i contratti collettivi nazionali di lavoro applicati dalle aziende, incluse quelle produttrici di filati oggetto di accusa – si legge in una nota -. Dal punto di vista generale, Confindustria Toscana Nord e le aziende ad essa associate condannano qualsiasi forma di illegalità e di sfruttamento dei lavoratori. Anche a seguito dell’intensa campagna di sensibilizzazione svolta negli anni dall’associazione, nella generalità dei casi le aziende socie quando affidano un lavoro consistente a una lavorazione chiedono il DURC, il Documento Unico di Regolarità Contributiva. Chiedere il DURC non è, fra privati, un obbligo di legge, ma l’uso comune fra le imprese associate è di farlo, trattandosi della verifica praticamente unica – nell’ambito degli strumenti ufficialmente riconosciuti e istituzionalizzati – che un’azienda possa effettuare nei confronti di un’altra azienda per avere elementi che attestino la correttezza di quest’ultima nei confronti dei lavoratori. Accusare imprese note per la loro correttezza di consapevole connivenza con situazioni definite – dagli stessi accusatori – di grave illegalità ne lede e ne danneggia l’immagine presso la clientela internazionale e la comunità in cui operano” conclude Confindustria Toscana Nord.

 

 

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