Dossier immigrazione, l’abbigliamento scavalca il tessile ed è il primo settore del distretto
Il dato - emerso nel corso della presentazione del report - risente dell'impatto socio economico delle aziende a conduzione straniera, in gran parte pronto moda cinesi
Dopo il sorpasso del numero complessivo di aziende avvenuto nei primi anni duemila, poi di quello del numero di addetti del comparto nel 2016 adesso è arrivato il terzo primato per il settore dell’abbigliamento a Prato: ha superato il tessile anche nell’export di circa cento milioni di euro. Nel 2021 il valore delle esportazioni per l’abbigliamento, dove operano in gran parte aziende a conduzione cinese, è stato di un miliardo e cento milioni mentre quello del tessile di un miliardo. Lo ha detto Massimo Bressan di Iris ricerche all’interno della presentazione del dossier immigrazione redatto dal centro studi Idos che si è tenuto questo pomeriggio alla Biblioteca Lazzerini. L’iniziativa era promossa dal Comune di Prato insieme alla Caritas diocesana e alla Cooperativa Sarah. Bressan ha parlato dell’impatto delle migrazioni nel contesto socio economico pratese. «C’è un nuovo assetto nel distretto – ha osservato – l’abbigliamento è la prima industria nel nostro territorio da almeno un paio di anni. Nel 2000 i lavoratori di questo settore erano 12mila, quasi tutti italiani, oggi sono il doppio e sono 10mila in più dei lavoratori del tessile. Nell’abbigliamento non ci sono solo pronto moda e produzioni di bassa qualità, intendiamoci, ci sono anche fenomeni diversi. Possiamo aggiungere un elemento non di poco conto che a differenza del tessile, che rimane un parte importante e imprescindibile, l’abbigliamento non ha rappresentanza nelle associazioni di categoria, nel sindacato e anche nella politica».
Bressan (Iris ricerche): a Prato il settore abbigliamento è la prima industria del nostro territorio
Il convegno è iniziato con la presentazione dei dati del dossier che confermano come Prato sia a livello nazionale il territorio con la più alta incidenza di stranieri sulla popolazione residente: pari al 24%. E la percentuale sale ancora, anche in questo caso rappresentando un primato nazionale, al 28% degli alunni stranieri sulla popolazione scolastica, con dati che salgono al 31,3% alle superiori. Importante sottolineare che l’83,2% degli studenti stranieri sono nati in Italia e dunque sono di seconda o anche terza generazione. All’iniziativa tenutasi alla Lazzerini si è parlato anche dei progetti di inclusione scolastica e della lotta al fenomeno della dispersione. Secondo Mario Battiato, dirigente dell’Istituto Gandhi, uno dei pochi ad aver ottenuto i finanziamenti del Pnrr per il contrasto di questo fenomeno, «l’abbandono scolastico è legato anche alla mancanza di personale, per lavorare bene servono insegnanti, e risorse finanziarie, che con le linee del Pnrr sono andate solo a poche scuole e anche chi le ha ricevute avrà fondi a sufficienza per un biennio, non c’è dunque una visione strutturale ma sono interventi spot».
Infine l’integrazione non significa solo lavoro e non può prescindere dalla salute e dalla cura della persona: il 12% degli utenti dell’Unità Psichiatria della Usl Toscana Centro è di origine straniera, un numero che sale al 20% nel caso di minori che si rivolgono all’Unità di salute mentale e adolescenza, a causa soprattutto degli effetti negativi della doppia migrazione, ovvero bambini che lasciano il proprio paese di origine, arrivano in Italia, e dopo pochi anni vengono rimandati in patria per apprenderne la cultura. Un doppio sradicamento insomma, che può dar luogo a vari problemi di identità e di relazione. L’obiettivo dell’inclusione della persona, infatti, passa sì dalla sua completa integrazione nel sistema socio-assistenziale, ma anche e soprattutto in quello socio-sanitario.
Laura Zanfrini, sociologa dell’Università cattolica di Milano, ha affermato che «non possiamo immaginare il futuro parlando di noi e degli immigrati come se fossero cose distinte. La demografia dovrebbe insegnarci qualcosa. Oggi nascono 400mila bambini all’anno e tra questi una bella fetta ha un background migratorio. C’è una popolazione di anziani che sarà sostituita da una popolazione che è meno della metà ed è molto più eterogenea». Zanfrini ha sottolineato come l’immigrazione sia «sfidante» perché «aiutare a capire le sfide che abbiamo di fronte e che la convivenza non si realizza per decreto ma si costruisce nei luoghi di vita, di lavoro».
«Costruire il futuro vuol dire pensare a guardare avanti insieme, per incrementare quelle politiche che hanno reso possibile una forma di convivenza in grado di attutire l’impatto sulla vita delle persone che arrivano, oltre che di quelle che già risiedono nel nostro territorio», ha affermato l’assessore alla Cittadinanza Simone Mangani.
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