19 Ottobre 2023

Marino Giannoni, il cameriere sempre nel cuore della Prato più viva

Dalle feste private a Baghino al PepeNero una vita a fianco della parte più dinamica della città. Il funerale in Duomo


Marino Giannoni

La prima immagine di Marino Giannoni risale al ricordo di una foto in bianco e nero. Sullo sfondo di una frotta di bambini un po’ goffi nel vestito a festa, la chioma chiara di un cameriere. Sembra Marino. In primo piano, un bimbo col cravattino e al braccio i simboli del rito. Accanto, fra gli amichetti, la mia testa rotonda su gambette esili e giacca oversize. Siamo a una comunione festeggiata in casa, con tavoli che domani torneranno ad essere altro e troppe sedie, per non essere “scompagnate”. È un generoso rinfresco, che unisce colazione e pranzo. Si finisce con l’arrosto ma si parte con la cioccolata, ancora buona prima di mezzogiorno, liquida come si faceva in famiglia e non pastosa come al bar. I cibi profumano di casa e tradiscono la notte in cucina di mamma, nonne, zie, vicine. Se tutte queste signore sono ora col vestito buono, un po’ impacciate nel passare da cuoche a invitate, è perché ci sono loro, i camerieri in livrea. Eleganti, educatissimi, ma non formali. Chiedo a mia madre se ricordi Marino, quel giorno. Ricostruisce un paio di alberi genealogici, ma dei camerieri dice una cosa generica: Marino e Lio erano contesi dalle famiglie pratesi. Lio, sorridente e pacioso, Marino, signorile e impeccabile. Che Marino Giannoni fosse o meno a quella festa è un dettaglio. All’epoca lavorava forse all’hotel Giardino. Alle cerimonie in casa i camerieri avevano un ruolo che andava ben oltre quello di surrogare le donne (allora era così)  nel servire in tavola. Erano l’anticipo del ristorante dove lo stesso bambino sarebbe certamente stato festeggiato due anni dopo per cresima, dove i suoi fratellini si sarebbero recati dopo la comunione, in questa città dove tutto cresceva: lavoro, soldi, consumi. E dove, ribaltando le gerarchie di famiglie dalle ricchezze immobili, gli ultimigeniti godevano di privilegi non ancora maturi per i fratelli maggiori.
I camerieri a casa erano non il servizio di qualche ora nel presente, ma l’annuncio di un futuro.

Del futuro delle famiglie, che si sarebbero riversate dal Logli, alla Tignamica, da Falcone, agli Alberi e in tutti gli altri ristoranti. E del domani degli stessi camerieri, troppo importanti per esser lasciati alla precarietà delle case private. Perché un bravo cameriere lo vedi sì da come sminuzza la carne cruda, ma anche da dove lavora e quando, in una Prato dove ogni giorno tutto sembra cambiare.

Presto Marino è in pianta stabile da Baghino, il locale più importante del centro, dove gli industriali pranzano coi direttori di banca che hanno sedi lì intorno. E nel cui sotterraneo, detto “sottoscala” si riunisce chi comanda la città: sindaci, politici, imprenditori, costruttori, direttori di categorie, un giornalista e talvolta il vescovo. Prato ne usciva con pezzi di futuro in più come il depuratore o i macrolotti e con qualche assessore in meno ed altri al.suo posto. Marino officiava al rito del menu. Non lo leggeva, lo citava, anzi lo recitava, di certo enfatizzando i piatti del giorno, convincendo qua, dissuadendo là impercettibilmente. Al suo manifestarsi al tavolo s’interrompevano conciliaboli e trattative, tresche e progetti e gli assessori sulla graticola guadagnavano tempo.
Dieci anni dopo la foto sbiadita della comunione, adolescente cronista di sport, varcai per la prima volta la soglia di Baghino trascinato da adulti spensierati, impegnati nel calcio. Marino aggiunse subito allegria ad allegria, chiamando tutti per nome, ma conservando l’aplomb, il distacco professionale. Al congedo, da ospite lì per la prima volta, mi mostrò le sale come di solito si fa con gli adulti e non con il ragazzo che ero.

Quarantuno anni da Baghino. Poi con la pensione Marino passa al PepeNero, il ristorante del figlio Mirko, della nuora Sara Sanesi. Lontanissimi gli arrosti preparati in famiglia e i sedani di Baghino. La cucina è contemporanea rivolta al futuro, proprio come il museo Pecci, lì a un tiro di schioppo. Marino si adegua con la testa del ragazzo, se non del fanciullino,  che ha conservato intatta dentro quel volto e quel fisico snello. Si specializza nelle tartare, preparate espresse di fronte a clienti, che restano a bocca aperta ben prima di assaggiarle. E arriva l’intervista di Paolo Marchi per Striscia la notizia. E l’Oscar alla carriera al teatro Vetra di Milano.
Fra i settanta e i novant’anni Marino lavora nella piazzetta “artificiale” fra via Zarini, via Meoni e via Ammannati, a metà strada tra gli assi dove si sono intanto trasferite dal centro le banche e gli industriali (via Valentini); tribunale, Carabinieri, Polizia, Finanza, studi di legali e commercialisti (viale della Repubblica). Dalle case private dove si sognava il ristorante negli anni Sessanta al locale dove dieci anni dopo si concepiva la città del futuro, Marino passa al nuovo cuore della città in cui si custodiscono i soldi e si amministrano giustizia e sicurezza. Dove Prato manifesta slancio vitale, Marino è sempre lì.
Anni fa, scorgendomi al tavolo con una collega mi parlò, senza chiedere niente, della sua felicità, dell’attività che aveva svolto da giovane pensando al figlio che avrebbe avuto o stava crescendo. E di come stava lavorando in quegli anni a fianco proprio di quel figlio che aveva seguito le sue orme. Coronando una carriera e una vita che in lui sono state una cosa sola, come succede ai veri pratesi.

L’addio a Marino Giannoni, scomparso martedi 17 ottobre a 92 anni sarà dato  giovedi 19 alle 15 nel duomo di Prato.

 

Buongiornoprato@tvprato

disegno di Marco Milanesi

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