31 Ottobre 2023

Tiriamo le orecchie alla Lonely Planet, ma raccontiamo meglio la nostra Prato

Polemiche per la sparizione del nome dalla cartina della Toscana. Un'omissione con tanti perché e una missione per chi governerà la città


Dopo la mano di Musciattino, reo di commesso ratto della Cintola, la mano dell’autrice della Lonely Planet, rea di omessa citazione di Prato nella cartina della Toscana del 2014. L’orgoglio di un buon numero di lettori si è destato ieri, leggendo Buongiorno Prato dedicato alla guida forse più nota al mondo che ha omesso il nome della città nella mappa della regione. Dove sono presenti tutti gli altri capoluoghi benché, come Grosseto e Massa, non direttamente citati nella Top 15 delle bellezze toscane.
Nel vivacissimo dibattito (ringrazio l’assessore comunale Gabriele Bosi per il contributo) si è scatenato il rimpallo delle responsabilità politiche (ma forse è più esatto dire: partitiche) dell’omissione. Buona dialettica a tutti, ma sarebbe un sollievo se il problema si risolvesse nella capacità di convincimento che una giunta esercita nei confronti dei media specializzati.

La domanda vera è: perché Prato non figura con nessun monumento o ambiente proprio o della provincia nella Top 15 delle bellezze toscane? Dipende dal valore intrinseco di opere e luoghi o anche dalla considerazione che noi e i nostri antenati ne abbiamo trasmesso nel corso dei secoli? Il florido Quattrocento iniziò con Datini che lasciò gran parte dell’eredità alla città, proseguì con Donatello e Lippi che abbellirono da par loro il Duomo e terminò con Lorenzo il Magnifico che ordinò la basilica delle Carceri. SubÌto l’orrore del Sacco all’inizio del Cinquecento, Prato non fu più la stessa. Si risollevò nell’Ottocento facendo leva sulla sua più marcata caratteristica: la volontà e la capacità di lavorare. E guardare al futuro e non a un passato di glorie lontane e alle spalle un mortificante tradimento (il Sacco) che ne bloccò lo sviluppo.

Prato non ha raccontato se stessa.

ll compito dei contemporanei è proprio questo: raccontare la città – di ieri, ma soprattutto di oggi e domani permettendole di esser citata nelle guide e non solo in quelle; il problema è di reputazione generale per meriti riconosciuti e non solo per capacità di persuasione verso gli autori.

Una storia d’amore e d’arte come quella fra Filippo Lippi e Lucrezia Buti è la storia di una giovane bellissima donna strappata al monastero per diventare mancata monaca, musa, purissima Madonna e seduttiva Salomé, moglie, madre di un altro grande artista. Altrove, la insegnerebbero da sempre ai bimbi delle scuole. Qui non la conoscono nemmeno i pratesi da generazioni. Non manca niente, per una fiction. Basterebbe che gli sceneggiatori conoscessero la vicenda.

Sempre a proposito di grandi donne, è in corso una mostra dedicata a Clara Calamai. Se Prato ha avuto lei, De Bernardi, Nuti, Benigni ed ha le Manifatture digitali dove si produce cinema, perché non crederci? Ricordando la grande Clara con una rassegna che leghi il passato di Sem Benelli autore della Cena delle Beffe con i cinema del centro, lo stesso museo Pecci e il Museo del Tessuto dove far svolgere eventi ed esporre costumi. E un red carpet-pop per Dario Argento che la diresse in Profondo rosso. E l’annuncio che la prossima volta si celebrerà Nuti.

Di monumenti e personaggi (non sottovalutiamo questi ultimi) Prato è piena. Così come ha università straniere che attraggono giovani dall’Australia, dagli Usa. E una comunità cinese stabile che, nessuno si scandalizzi, rappresenta un volto originale e non necessariamente impresentabile. Bisogna soffiare via molta polvere e  raccontarla. Per farla conoscere anzitutto ai pratesi, poi al mondo. Ci vogliono fantasia, tempo, intraprendenza, coraggio: tutte cose che abbiamo in casa. Vogliamo usarle solo per le pezze?

 

Buongiornoprato@tvprato.it

 

disegno di Marco Milanesi