26 Gennaio 2024

Addio a Giuliano Gori, il ricordo della Chiesa di Prato: fu lui a donare il nuovo presbiterio della Cattedrale

Le parole del vescovo Nerbini e del critico d'arte mons. Giuseppe Billi, che al tempo seguì il progetto dell'altare di Robert Morris. Gori acquistò anche la testa di un Crocifisso del 1230 per il Museo dell'Opera del Duomo


«Un pensiero grato e riconoscente va a Giuliano Gori per quanto ha fatto per la città e per la Chiesa di Prato, è stato non solo un grande collezionista d’arte, ma un mecenate che ha contribuito a rendere unica la nostra Cattedrale». Sono le parole del vescovo di Prato monsignor Giovanni Nerbini alla notizia della morte di Giuliano Gori, scomparso oggi all’età di 94 anni. A lui e alla sua munificenza si deve infatti il nuovo presbiterio del Duomo di Prato, realizzato nel 2001 da Robert Morris, uno dei più grandi artisti internazionali, che fece l’altare in marmo bianco di Alcantara, l’ambone e un candelabro. Nell’occasione Gori donò un’altra opera di Morris per il chiostro della Cattedrale: la scultura Quattro per Donatello. «Sono opere straordinarie e originali», commenta monsignor Giuseppe Billi, presidente della Commissione diocesana di arte sacra, che al tempo seguì la realizzazione del nuovo assetto presbiteriale: «Grazie a Giuliano Gori la nostra Cattedrale si aprì all’arte contemporanea, una scelta dettata dalla sua grande passione di collezionista e di amante della città. Fu l’allora vescovo Gastone Simoni a volere questo nuovo allestimento e fu lui a consacrare questo bellissimo altare di marmo bianco, illuminato da una lampada interna, che possiamo definire una delle massime espressioni d’arte sacra contemporanea».

Nello stesso periodo Giuliano Gori donò una antica testa di un Crocifisso di legno policromo del 1230 al Museo dell’Opera del Duomo. «Sfogliando il catalogo di un’asta vidi che in vendita c’era questa antica opera – racconta Claudio Cerretelli, già direttore del Museo dell’Opera del Duomo – e riconobbi la testa del Crocifisso antico della Cattedrale, di cui se ne erano perse le tracce. Per noi sarebbe stato impossibile acquistarla, così ci rivolgemmo a lui, che da appassionato d’arte e amante della città, acconsentì a comprarla e a donarla alla collezione del Museo. Gliene saremo sempre grati».

 

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