24 Marzo 2024

Sauro Lascialfari: “Le mie battaglie per la Vita indipendente di noi disabili”

Oggi si batte contro i tagli all'assistenza personale. Dalle lotte per accesso a bus, treni, wc pubblici, fino alle Olimpiadi di Torino


 

Sauro Lascialfari è una forza della natura, benché dalla natura, sia stato fortemente svantaggiato. Come il fratello Sergio, di otto anni più anziano, scomparso un anno fa, Sauro manifestò in tenera età incapacità di restare autonomamente in posizione eretta e di camminare. Mille consulti, visite a pagamento presso luminari o presunti tali, carissime per la loro famiglia di contadini, produssero una diagnosi sbrigativa e inesatta: tetraparesi spastica. La diagnosi che ha accompagnato Sergio fino al giorno della morte e che classifica l’invalidita di Sauro. “Anche se la tetraparesi comprende ‘ movimenti incontrollabili della persona’, manifestazioni diverse dalle nostre. Ma tant’è”.

Sergio e Sauro Lascialfari

Sauro, che a luglio compirà 72 anni, e il fratello, morto a 79, non sono mai stati in grado di rimanere in piedi, camminare e svolgere tanti dei compiti imposti dalla vita, se non con lassustenza di una persona che li sostenesse e accompagnasse. Alle pareti della casa di San Paolo dove Sauro vive con l’assistente Edoardo, nato in Perù, sono affissi i quadri che Sergio ha dipinto nel corso della vita. Malgrado mani malferme, ma incredibilmente precise nell’indirizzare il pennello. Spicca un autoritratto in chiaroscuro che rappresenta perfettamente la personalità – introversa e profonda, ma al tempo stesso solare – dell’autore.

Autoritratto di Sergio Lascialfari

Sergio e Sauro, specialmente quest’ultimo, hanno suonato ad ogni campanello. Di alti papaveri e persone comuni. In caso di necessità, non c’è stato né c’è ostacolo resistente alla loro determinazione. E se, prima dell’avvento dei telefoni cellulari, non arrivavano a raggiungere la pulsantiera, chiedevano a un passante di suonare per loro qualsiasi campanello. Finché le porte non si aprivano.

Ero nel gruppo di amici che ebbe la fortuna di trascorrere con Sergio e Sauro due periodi di vacanza all’Elba, negli anni Ottanta. Arrivavamo alle spiagge libere con ombrelloni, sedie, stuoie, frigo portatili e due camere d’aria nere, da ruote di camion. Poi, accompagnavamo loro, con l’andatura sghemba, inevitabili cadute. Intorno, sguardi a volte contrariati, imbarazzati. Quando ce ne andavamo, a sera, non eravamo mai soli. Avevamo fatto amicizie. Qualcuno ci aiutava, spostava le auto nel parcheggio per permettere di avvicinarsi, si proponeva per aiutarci l’indomani. Tutti conquistati dal modo in cui rendevamo semplici cose complicate, dalle risa di Sauro, dallo spettacolo di lui, in acqua, entusiasta come un bambino tenuto a galla dalla camera d’aria.

Oggi, marzo 2024, Sauro Lascialfari è impegnato nell’ennesima battaglia condotta per sé e migliaia di persone nelle sue condizioni. Quella per rivendicare il mantenimento in essere e al potenziamento di “Vita indipendente” il caposaldo che dal 1997 la Regione Toscana riconosce alle persone con disabilità gravi. In modello cui si sono ispirate altre Regioni per legiferare in materia di assistenza sociale. Mercoledi scorso, 20 marzo Lascialfari rappresentante di Avi, Associazione Vita Indipendente, assieme a una sessantina di disabili di tutta la Toscana manifestava davanti al portone della Regione in piazza del Duomo a Firenze.

Cosa rivendicate?
“Da dicembre scorso chiediamo alla Regione il potenziamento del sostegno, a fronte dell’aumento dei costi dell’assistenza domiciliare di 54 ore  settimanali come da contratto. Il servizio costa, fra salario, contributi, sostituzioni, 2800-3000 euro al mese. Il contributo è di 1800”.

 

1963 il giovane Sauro Lascialfari in piedi dietro il ciclo a tre ruote su cui è seduto il fratello Sergio

Cosa significa Vita indipendente?
“Consentire al disabile di decidere la propria esistenza, come qualsiasi altra persona, senza dover rinunciare a niente – neppure al lavoro – a causa della condizione fisica. Ovviamente, grazie al supporto di un assistente che aiuti in tutto: lavarsi, mangiare, coricarsi, andare al cinema o al lavoro”.

Il diritto al/alla badante, insomma.
“La Treccani collega il verbo badare alla cura di animali. Si badano le mandrie, le pecore, i cavalli. Non le persone. I nostri collaboratori sono assistenti”.

A che punto è il confronto con la Regione?
“Il 6 dicembre ci riunimmo sotto gli uffici di Giani chiedendogli un incontro. Lui non si fa vivo. L’indomani scrissi a lui e agli assessori e ottenemmo un appuntamento il 22 dicembre alle 9.30, orario difficilissimo per disabili che sarebbero arrivati da ogni parte della regione. Giani si presenta un’ora dopo. Ci viene spiegato che saranno aggiunti da uno a due milioni all’anno al fondo di 12 (non aumentati dal 2012 e a Firenze dal 2004), stanziati per Vita indipendente. In tal in modo si punta ad adeguare i contributi e a sfoltire le liste d’attesa, che contano 140 persone. Ci danno appuntamento a metà gennaio, ma la data esatta non viene mai comunicata. Parte una tempesta di mail per fissae l’incontro. Intanto si scopre che la Regione Toscana con delibera 1577 di fine dicembre ha modificato la normativa del fondo regionale per la non autosufficienza”.

In che modo?
“Togliendo dal testo ogni riferimento alla Vita indipendente, sostituendolo con il sostegno alla domiciliarità e all’autonomia della persona con disabilità“.

Cosa comporta?
“Autonomia domiciliare significa dotare la persona dei dispositivi ortopedici e sanitari necessari per la deambulazione senza supporto di un assistente”.

In altre parole?
“Si torna indietro di decenni e, di fatto si toglie la possibilità di vivere nella propria abitazione. In tal modo si costringono i disabili nelle case di riposo, senza più identità e servizi ad personam. E riduzione delle aspettative di vita. Inoltre, come riferiscono le cronache, esposti a maltrattamenti, condizioni igieniche talvolta precarie. La sensazione è che vogliano convogliare le risorse dai singoli e dalle famiglie alle strutture, gestite da cooperative”.

Lo stato dell’arte?
“Il 20 marzo l’assessore al sociale Spinelli non si presentò all’incontro perché a Carrara ad accogliere la nave dei migranti. Mercoledì scorso Giani ci  annunciò che esaminerà se ci sono gli estremi per ritirare la delibera sull’autonomia domiciliare. Giovedi 28 marzo alle 18 ci incontreremo di nuovo per definire tutta la vicenda”.

Sauro Lascialfari su un mezzo motorizzato per disabili

Sauro, tu e tuo fratello a Prato avete svolto mille viaggi attraverso la città degli ostacoli: barriere impercettibili per i normodotati, insormontabili per chi non lo è.
“Sì, con Sergio ci siamo impegnati su ogni fronte della lotta alle barriere architettoniche. Anzitutto nel trasporto pubblico. Per noi era impossibile prendere il bus. Nel novembre 1998, assieme a Emanuele Guarducci andai alla Cap, parlai con un dirigente e il maggio seguente entrarono in circolazione due pulmini color arancio per il trasporto dei disabili”.

Partita vinta.
“Sì, ma dopo 7-8 anni furono tolti e non rimpiazzati. Ricomincia la battaglia e nel 2012 mio fratello interpellò Rita Pieri, assessore alle pari opportunità. Assieme a Sergio salirono sul bus a San Paolo per raggiungere il centro e Pieri fu testimone e delle difficoltà nel salire e scendere, risolte con la sola forza delle braccia di Rosi, l’assistente di Sergio. Pieri s’impegnò ed arrivarono le pedane idrauliche su Lam e pullman extraurbani. Con qualche incomprensione con gli autisti, che preferivano restare a bordo lasciando agli assistenti dei disabili l’onere di azionare il meccanismo”.

E per i treni?
“Fu la mia prima battaglia, sul fronte trasporti. I quattro ascensori per raggiungere i binari alla stazione centrale è quello al Serraglio sono frutto di tante lettere inviate a ogni autorità, non solo ferroviaria. Prima che lì installassero, per due volte rischiai di restare incastrato fra i binari mentre  li attraversavao in superficie con la carrozzina. Restai male quando, in stazione, trovai l’assessore alle pari opportunità dell’epoca, Manuela Bruscia che stava inaugurando gli ascensori appena installati e non mi aveva invitato alla cerimonia. Eppure i meriti erano soprattutto miei”.

Sergio fece scalpore con la protesta per i bagni pubblici.
“Non riuscendo a trovarne uno usò quello di palazzo comunale e reagì alle rimostranze di un’addetta contestando che i bagni pubblici esistenti fossero chiusi ‘a causa di qualche deficiente che ci si va a drogare’. E inviò a Biffoni la stessa lettera che aveva indirizzato anni prima a Cenni”.

Sauro, hai mai perso una battaglia?
“Sì, quella per la terapia in acqua convenzionata dall’Asl. Fra aprile e giugno effettuai 15 ‘sedute in piscina’ con fisioterapista, a carico dell’Azienda sanitaria. A metà ciclo, erano quasi spariti i dolori alla schiena e i movimenti articolari risultavano molto più sciolti. Poi, la doccia fredda, in ogni senso: al compimento dei 65 anni mi infornarono che la terapia in acqua non è più convenzionata per chi ha raggiunto quell’età. Per ogni seduta dovremmo pagare 40 euro. Chi può permetterseli?”.

Sauro, tu non ti sei negato nulla, nel corso della tua “vita indipendente”. A cominciare dal lavoro.
“Sia io che Sergio volevamo contribuire alle spese della nostra famiglia, che stava per lasciare l’agricoltura dopo la vendita, da parte del proprietario, della casa colonica in cui i Lascialfari abitavano dal 1937. La casa di via Galcianese, con terreno annesso, che mio padre coltivava a mezzadria, sul quale sarebbero stati costruiti i capannoni della Twintex e dove oggi sorge la Comet. Dal luglio 1976 mia madre acquisì la licenza dell’edicola di Bagnolo, al confine fra Prato e Montemurlo”.

Ci lavoravate anche tu e tuo fratello?
“Certamente. La mamma apriva alle sei del mattino, alle nove arrivavo io, con triciclo a motore, sotto la pioggia, al freddo o al caldo,  mentre Sergio copriva il turno del pomeriggio. All’arrivo vendevamo 5 copie de La Nazione al giorno. Poco dopo, grazie alla clientela che ci procurammo arrivammo a una media di 220, con punte di 300 dell’allora unico quotidiano della città. E toccammo le 500 copie di quotidiani venduti in un solo giorno. Fornivamo i residenti della Pineta di Bagnolo, famiglie capaci al sabato o alla domenica di spendere fra 20 e 30mila lire fra quotidiani e periodici che trattavano di economia e di moda, come Capital e Vogue. Ma il top era Quattroruote“.

Erano gli anni in cui alcune concessionarie di Prato ricevevano premi dalle case madri per percentuale di vendite rispetto alla popolazione. In una città neppure provincia.
“E Prato voleva sapere tutto sulle auto. Inizialmente ci fornivano 5 copie di Quattroruote, ne chiesi subito di più. Il distributore ce ne dette una ventina, per limitare le rese che certo ci sarebbero state. In poco tempo arrivammo a venderne 70 al mese, per la gioia del direttore della testata Mazzocchi, la cui figlia era amica di mio fratello”.

E dopo l’edicola?
“Sono estroverso per natura. Stabilisco facilmente relazioni con e fra le persone. Mi sento venditore e ho venduto di tutto: enciclopedie, libri, auto, case. Ora sto vendendo prodotti bio per la casa”.

Sauro, il tuo motto è sempre stato “Niente è impossibile.
“Non ho mai ammesso a me stesso che la sola difficoltà di camminare dovesse rendermi una persona diversa dalle altre, con ambizioni e potenzialità limitate rispetto a chi può deambulare con le proprie gambe”.

Quindi?
“Ho viaggiato ovunque: aerei, navi, treni. Con qualsiasi mezzo, chiamando il personale a svolgere il proprio lavoro, per accogliermi a bordo, come prevedono le leggi. Nel 2008 realizzai il sogno di andare in California, accompagnato da una parente, a trovare il mio amico Samuele Bagnai, che abita a Los Angeles. Ci sentiamo come fratelli, siamo in contatto tramite Messenger. Ci conosciamo dal 1977, grazie all’edicola. Lui aveva 11 anni.
Nel 1987 con lui e un suo amico andammo a Milano con mia Volvo 360. Salimmo sul Duomo: fino a metà in ascensore, poi a piedi fino alla Madonnina. Uno spettacolo indimenticabile. Amo la Formula p1 e nel 1993 visitai il Museo e Ferrari a Maranello. Mi piace il tennis e la scorsa settimana andai ad ammirare la Coppa Davis esposta al Tc Prato, dove fui accolto molto bene” (foto sotto)


Alle pareti di casa, foto di Sauro col Papa e di lui che pratica Danceabilty durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Torino 2006.

Cosa ricordi di quei momenti?
“Ho stretto la mano a Woytjla per quattro volte in vari anni e a Francesco a  Prato in piazza San Domenico. La Danceability è stata la mia grande passione per oltre vent’anni. Ricordo l’emozione di aver ritirato a Bruxelles, assieme all’amica Laura Banfi, il riconoscimento che grazie a noi della Danceabiliy fu assegnato a Prato come città europea dello Sport. E che brividi, esibirci come coreografia alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Torino: 48 danzatori, di cui 22 disabili in mondovisione. Un po’ per l’accompagnamento musicale dalla consolle, un po’ per le diverse caratteristiche fisiche chi chiamavano mix-abili (Sauro si passa il dorso della mano sugli occhi inumiditi ndr). Il culmine di tanto impegno, il coronamento di una vita. Purtroppo, col Covid fu impossibile continuare ad allenarci, a praticare. A fine 2021 chiusi l’associazione Rotelle attive, a novembre 2022 a Pisa il nostro ultimo spettacolo”.

Sauro Lascialfari (al centro): Danceability all’apertura delle Olimpiadi Torino 2006

Cosa ti è rimasto?
“La soddisfazione di avere aiutato grazie alla Danceabiliy, tante persone a vincere paure, inibizioni, complessi interiori. Soprattutto persone cosidette ‘normali’, senza disabilità fisiche”.

In queste parole ritrovo la condizione di me e di tanti tuoi amici. Che hanno preso a frequentarti con l’intento di recare a te conforto ed aiuto. E ne sono, ne siamo usciti fortificati.
“Mi meraviglio che ci se ne meravigli. Amicizia è essere sullo stesso piano, dare e ricevere l’un l’altro. Non può essere certamente il funzionamento delle gambe o qualsiasi altra causa di tipo fisico o psicologico ad impedirlo. Nessuno deve porre alla propria vita limiti connessi a un difetto fisico. Ognuno deve pensare di poter andare oltre se stesso. Quando ci riesce aiuta la propria persona e riesce a servire gli altri”.

Sauro Lascialfari

disegno di Marco Milanesi