13 Marzo 2024

Via Ferrucci, la strada che mette d’accordo rivali e concorrenti

Dai ristoranti ai supermercati la strada ha sempre creato armonia. Quando Esselunga aprì a due passi da Superal


 

Nascendo dalla rotatoria armoniosa e naturale di piazza San Marco e gettandosi nella rotonda più nervosa della città, quella  con  cinque strade, che si prolunga nel viale Marconi,  via Ferrucci cui Tv Prato ha dedicato un focus è l’arteria principale diretta a Firenze. La Firenze di cui il personaggio che le dà nome fu fedele servitore fino alla morte inflittagli “già morto” da Maramaldo. Due rotatorie diversissime, due personaggi nemici servono a  catalogare via Ferrucci come la “Strada del 2“, dove quasi tutto è doppio e avversario, o rivale o concorrente. Ma contrariamente alla storia nessuno è Maramaldo, gli opposti convivono, prosperano, si alleano o si completano come in un Eden di pace, e dove il lupo giacerà con l’agnello. Coppie, dunque. Negli anni Novanta entrando da San Marco trovavi a sinistra Osvaldo Baroncelli (l’indirizzo era via fra Bartolomeo, dove questa incrocia a V via Ferrucci, ma poco importa), chef maturo che sposa la tradizione innovandola a gran liveĺlo e dirimpetto Angelo Barni, astro nascente, chiamato giovanissimo a cucinare per Clinton in visita a Firenze. Scilla e Cariddi della tavola, sirene della gola in evidente competizione per il gioioso imbarazzo di chi arrivava pilotato dalle guide gourmet. Sfida aperta, finché un giorno i due B si unirono in società.

Potenza di via Ferrucci, dei primi cinquanta metri del suo percorso che scorrerà  tranquillo come un fiume buono.

Ancora avanti, le fabbriche di Pecci e Befani, colossi delle pezze. Uno regalò il primo scudetto a Firenze, l’altro donerà il museo d’arte contemporanea a Prato, con differente felicità per le terre beneficiarie. Quando fu l’ora e via Ferrucci cambiò abito come una bella  ragazza vivace e sorridente alla vita, l’uno e l’altro se ne andarono e le fabbriche divennero banche. Da produttrici di ricchezza a custodi di soldi. Banche fra loro in concorrenza, ma via Ferrucci non è  un film  Western, dove qualcuno pronuncia il fatidico  “Questo posto è troppo piccolo per noi due“. E via al duello, al dito sul grilletto.

No. Via Ferrucci accoglie, non respinge, aggiunge non sottrae. Unisce, non divide. E se all’angolo con via Tacca arriva Bnl poco oltre (dopo qualche anno di Ibi), ecco Cariplo. E all’incrocio con via Valentini UniCredit, la Cassa di Risparmio e tante altre banche. E lì all’incrocio per far capire il clima, una discoteca piano bar dal nome che oggi sarebbe quasi divisivo, Georgia c. (che tutti chiamavano Giorgia), ma allora no e vai col drink, che in via Ferrucci c’era e c’è posto per tutti.

Più avanti, un’altra coppia: La Perla era molto più che un bar (anche cinema e tifosissimo Prato club) e il Gelataio molto più di un locale dove refrigerarsi con un cono: entrambi hanno dato il nome ai rispettivi quartieri. “Sto alla Perla” diranno i più anzianotti. “Abito al Gelataio”, i più giovani residenti nei palazzi anni Ottanta. Più avanti, col forno Branchetti, ci sarà una nuova identificazione fra negozio e zona, mentre al gioco delle coppie di via Ferrucci s’iscrivono la sede di Ruote classiche e il parco macchine di Palmucci cui si aggiunge la sede Aci poco dopo l’incrocio con viale della Repubblica. Dove ha sede un altro duo fortemente connesso: Guardia di Finanza e Agenzia di Riscossioni (si accede da viale Montegrappa, ma il quadrante è lo stesso) e nessuno vorrebbe incapparci.

Ma il capolavoro diplomatico di via Ferrucci fu a fine Sessanta. Superal, allora micro catena made in Prato apre all’angolo con via Boni il secondo supermercato cittadino, dopo quello alla Passerella.  Un anno ed Esselunga costruisce cento metri prima, all”incrocio  di tutto‘ con via Valentini. Si aspettava il morto nel duello al sole, invece quasi cinquant’anni dopo sono ancora lì vivi, vegeti, vegetali, pesce, carne surgelati. Si chiamano l’uno Pam da fine Novecento, l’altro Coop da una decina d’anni e hanno dimostrato che due supermercati in pochi metri non si rubano clienti, ma li aumentano a vicenda.

Che anni, gli anni in cui aprirono e fu come se  Disneyland fosse planata fra noi e le signore che abitavano intorno discettavano dal terrazzo in quale giorno Superal avesse la carne più buona e quando Esselunga la verdura.

E noi bambini che abitavamo lì speravamo che in casa mancasse qualcosa per farci mandare dalla mamma a prendere ciò che aveva dimenticato e andavamo da soli a comprare l’acqua Leona gasata o Santafiora naturale. E prodotti mai visti marcati Nutron, Briciola, Kekasa e riempivamo il cestino da soli, non serviti come in negozio e, pagando, la cassiera ci dava una carezza, in quello scintillio di scaffali e musica soft. Superal ed Esselunga furono per noi anche un gioco meraviglioso. Entrambi con la rampa per lasciare l’auto sul tetto, ne invadevamo i parcheggi il sabato pomeriggio d’estate quando restavano chiusi  per giocare al Giro d’Italia col gran premio della montagna in cima alla salita e poi discese ardite. E se c’erano più bambini che biciclette – inclusivi senza conoscere quella parola – si virava sulla cronometro. Se nessuno aveva l’orologio il più piccolo contava ad alta voce e scandiva il tempo, come un cronometro vivente. Entusiasti, felici, ginocchia e gomiti sbucciati. E il sabato dopo, tappa sul tetto dell’altro supermercato, perché via Ferrucci non finiva mai. E quando arrivavano i bambini da viale Montegrappa si giocava a Nazionali di tutto, con gli inni al mangiadischi.

Via Ferrucci aveva un piccolo paradiso terrestre nel campo coltivato all’angolo con via Pisano e rubavamo le pesche al contadino Otello. Finché un giorno spuntò un palazzo dalle forme rotonde  per il quale l’architetto Calonego, visionario  progettista di quel pezzo di città, s’ispirò forse a un recente amore.

Ma via Ferrucci era anche lutti. All’incrocio con via Valentini abbiamo visto auto accartocciate, capovolte. Nel migliore dei casi pezzetti di fari e finestrini restare per giorni sul selciato. Incrocio cieco, velocità alta. Clangore di lamiere, sirene. Finalmente, su ambo le vie fu anticipato di dieci metri il semaforo. Fu sicurezza dopo troppo dolore in una strada solare, vivace, moderna e che continua anche dove sembrerebbe finita.

Una strada democristiana, con tutto e il suo contrario. Anzi: veltroniana con Baroncelli, ma anche Barni, una banca ma anche l’altra, Superal, ma anche Esselunga, le auto d’epoca ma anche quelle nuove. Una strada simmetrica, che inizia con le terratetto dopo piazza San Marco e termina con le terratetto della Mezzana storica, che si annuncia con l’insegna del Chicco d’oro e si conclude coerentemente con quelle di una gioielleria. Che nasceva dalla porta Fiorentina, soppressa per far posto al tram e che ti consegna all’autostrada per Firenze. Che riceve strade coi nomi di chi fece più bella Prato e più bello il mondo: Tacca, Giovanni Pisano, Donatello, Masaccio, Botticelli.

Armonica e sorridente. Dosata, come un’equazione.

 

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi

 

 

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