28 Marzo 2024

Via San Paolo, il serpentone infinito che invoca Alia, non pattuglie

Rifiuti e discariche a cielo aperto: residenti scoraggiati nella strada che rompe la monotonia urbanistica del quartiere


Via San Paolo è un serpentone che comincia davanti al cimitero più antico di Prato e finisce di fronte al nuovo ospedale. Percorriamola così, in un itinerario a ritroso dalla morte alla vita. Un serpentone tortuoso e nervoso. E carsico, perché riaffiora ostinato quando sembra esaurito dopo svolte o rotonde e invece ricompare col suo nome. Il nome del quartiere che la via taglia a metà, che poi è il nome della chiesetta medievale da cui tutto comincia. La pieve di San Paolo in Stagnana,  evocatrice di uno stagno, di un acquitrino, che avrebbe dovuto ammonire chi ha costruito, lì vicino, l’ospedale finito sott’acqua a novembre. Gli antichi ci parlano anzitutto con la toponomastica e se da un fronte all’altro di Prato troviamo Le Fonti,  Le Fontanelle, Stagnana, il Pantano, bisognerebbe aver occhi per leggere e testa per capire. La nuova chiesa di San Paolo – ma  sarà  un caso – fu costruita negli anni Sessanta sopraelevata. A palafitta.

Il richiamo all’acqua è opportuno per descrivere via San Paolo, sinuosa come un serpente marino, irrazionale e sghemba come un torrente, rispetto allo scacchiere ortogonale delle mille strade spuntate nel dopoguerra ad affollare San Paolo, intesa come quartiere. Vie tutte uguali, con palazzi uguali, senso unico e incroci ravvicinati ad angolo retto. E lei, via San Paolo, col suo pazzo percorso è per il quartiere ciò che Broadway è per Manhattan: il tracciato che rompe le regole, che porta umanità in un ordine dettato dai numeri progressivi che danno il nome alle strade. San Paolo, per fortuna, alle sue vie ha imposto i cognomi belli dei musicisti. Tranne Verdi, che la retorica risorgimentale portò in centro storico a incrociarsi con Garibaldi, Mazzini e i fratelli Cairoli, son tutti lì, a San Paolo i padri del pentagramma italiano. Puccini, Rossini, Mascagni, Donizetti, Cilea, Leoncavallo. E Paganini. Il pratese Zipoli, Nuti, Borgioli. Siccome le strade eran tante ne ha tratto beneficio perfino il librettista Rinuccini, melodramma cinquecentesco. Tutte quelle strade dai nomi melodiosi si riversano in via San Paolo come ruscelli nel fiume producendo un’allegra cacofonia.

Rispetto a loro, la strada più antica è un brano di jazz. Imprevedibile, improvvisato, fusione di tempi e di suoni. San Paolo dei musicisti è regolare, ordinata, monotona, fin troppo uguale a se stessa. In via San Paolo trovi ruderi di fabbriche sfuggite chissà perché ai piani di recupero ma senza il fascino dell’archeologia industriale. Terratetto e palazzoni, alveari di cinesi in capannoncini forse ancora promiscui; le case padronali costruite sopra laboratori dove si producevano pezze e plaid e oggi sono garage o aspettano di diventar pure loro abitazioni. Vecchio (vecchio, non antico) e nuovo, rughe e belletto, pratesi da venti generazioni e cinesi che ancora non hanno fatto fortuna. Tutto e il suo contrario, in via San Paolo, strada in cui si leggono molti tempi e molti luoghi, da Prato alla Cina. Poesia? No. Piuttosto prosaiche discariche estemporanee, rifiuti senza regole, disordine. E cattivi odori da una diramazione importante perche sede di palestra e scuola come via Toscanini.

Di tutte le strade visitate da Giulia Ghizzani nell’inchiesta di Tv Prato, via San Paolo è la sola in cui gli abitanti non invochino come priorità parcheggi, velocità ridotta, rimozione di sagomature, pattuglie e sicurezza. Chiedono decoro, pulizia, ordine. Alia, non vigili. Anzi i vigili sì a un certo orario per sbrogliare ingorghi ed evitare che le ambulanze restino imprigionate. E a monte di tutto l’osservazione di una signora: “Altrove ci sono comitati, si fanno sentire dall’amministrazione”. Via San Paolo non coesa, piena di residenti-monadi che non si conoscono e non si aggregano in questa città dell’accoglienza? Forse è un aspetto della difficile integrazione coi cinesi, che qui sono diffusi, anche se non in modo totalitario come in via Pistoiese. Di certo, una via complicata, con problematiche di base come l’igiene, la pulizia. E l’educazione di chi non ha ancora capito oppure ha capito fin troppo e fa il furbo. Serve forse più presenza dell’autorità. Perché via San Paolo limiti le sue aspirazioni americane evocando un pezzo di New York. Ma non diventando il Far West.

<span;>Buongiornoprato@tvprato

<span;>disegno di Marco Milanesi

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