23 Maggio 2024

Morte Luana, le colleghe della vittima depongono al processo: “Saracinesca sempre abbassata, per noi era normale”

Nell'udienza di oggi sono sentite come testimoni due dipendenti dell'Orditura A


Perchè si lavora con la protezione disattivata?
“Perché con la saracinesca abbassata la visibilità della parte dalla botte al subbio è leggermente ridotta e se si verifica la rottura di un filo, a quella distanza non lo si vede subito; così il subbio continua a girare e poi viene un difetto sulla tela. Stare più vicini ci consente di fermare subito la macchina e di poter rimediare (…) Io ho lavorato quasi sempre così… è bruttissimo da dire, ma era la normalità”. Così Elisa Corsi, una collega di Luana D’Orazio, nel rispondere al pm Vincenzo Nitti, ha parlato delle modalità di lavoro nel reparto campioni dell’orditura A di Oste, in cui il 3 maggio 2021 ha perso la vita l’apprendista operaia 22enne, schiacciata da un macchinario al quale erano stati disattivati i sistemi di sicurezza, a cominciare proprio dalla saracinesca di protezione che ha funzione di tenere distanti i lavoratori dal subbio dell’orditoio in rotazione. La testimonianza dell’operaia – e quella di un’altra collega di Luana, Angeletta Mirarchi – sono state oggetto dell’udienza di oggi del processo a Mario Cusimano, il manutentore esterno della ditta, che è imputato per omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche.

Per gli stessi reati, in un procedimento separato, i titolari dell’azienda Luana Coppini e il marito Daniele Faggi, che qui figurano nella lista dei testimoni da sentire, hanno patteggiato rispettivamente due anni ed un anno e sei mesi, con sospensione condizionale della pena.

Se nella scorsa udienza le testimonianze dei tecnici del dipartimento di prevenzione e dell’ingegner Carlo Gini, consulente della Procura, avevano ricostruito in maniera puntuale il quadro delle numerose violazioni riscontrate ai dispositivi di sicurezza, fra cui la disattivazione della saracinesca dell’orditoio, nelle parole delle due colleghe di Luana si coglie la mancata percezione del rischio a cui erano sottoposte.

“Il cancello – ha aggiunto Angeletta Mirarchi – era tanto scomodo perché non si vedeva niente di quello che succedeva di là e dunque era più comodo senza: così riuscivamo a vedere se si rompeva qualche filo e fermavamo la macchina” ha confermato la seconda collega di Luana, oggi in pensione.
Le due testimoni non hanno però saputo collocare con precisione il momento in cui il cancello dell’orditoio ha smesso di funzionare e perchè.

Entrambe hanno confermato che la manutenzione dei macchinari di campionatura, dove è avvenuto l’incidente mortale, era in genere compiuta da Cusimano, mentre altri tecnici si occupavano dei macchinari del reparto di produzione. Le due operaie non sono però riuscite a dettagliare che tipo di interventi facesse Cusimano, né se fosse lui l’elettricista di fiducia della ditta. Un punto su cui ha insistito, per smentire tale tesi, il legale dell’imputato, l’avvocato Melissa Stefanacci.

I dipendenti – hanno spiegato le due operaie – potevano intervenire sui macchinari solo per piccole operazioni di smontaggio delle punte metalliche, mentre Daniele Faggi – sempre secondo le testimonianze – faceva “inteventi basilari” tipo “pulire gli alimentatori se ci entrava un filo, o se si rompeva una vite” o “cambiare un palo”. Quando Cusimano era all’estero – hanno aggiunto le due dipendenti – “qualche volta è capitato che si chiamassero i tecnici della ditta costruttrice dell’orditoio per far ripartire una macchina, in caso si rischiasse il fermo della produzione”.
Nella prossima udienza, fissata ad ottobre, saranno sentiti due agenti di polizia giudiziaria ed altri due dipendenti dell’Orditura A.

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