E’ stato un incidente “prevedibile ed evitabile” a causare l’esplosione all’interno del deposito Eni il 9 dicembre 2024. Un’esplosione in cui hanno perso la vita 5 persone e altre 27 sono rimaste ferite. Lo ha detto il procuratore di Prato Luca Tescaroli, durante una conferenza stampa che ha ritenuto necessaria “affinché le risultanze delle investigazioni possano essere utili ad affinare le misure di sicurezza per gli altri depositi”.
Sono nove gli indagati: 7 dirigenti di Eni e 2 della società appaltatrice Sergen, a cui Eni aveva affidato alcuni lavori di manutenzione all’interno del sito. Le ipotesi di reato sono, a vario titolo omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose. In realtà le esplosioni sono state quattro e la loro causa è da ricercare nell’interferenza tra l’attività di manutenzione di Sergen e l’attività di carico delle autobotti, che non si è mai fermata. La fonte dell’innesco è stata individuata, in termini di maggiore probabilità, in una parte calda del motore a scoppio della piattaforma elevabile usata dagli operatori Sergen: da tale motore l’incendio ha determinato una prima esplosione della nube di benzina fuoriuscita da una fessura nell’area sui cui stava lavorando Sergen. In particolare, quest’ultima era stata incaricata da Eni di effettuare una modifica all’impianto di Calenzano per creare una nuova linea dedicata alla fornitura di olio vegetale idrotrattato. L’intervento doveva prendere le mosse da una vecchia linea di benzina dismessa, che però è risultata essere collegata a una tubazione che riceveva benzina da altra linea. Ad una prima esplosione ne è seguita, dopo un decimo di secondo, una seconda, più potente, e poi altre due minori. “La presenza di più silos di combustibile nell’area avrebbe potuto rendere ancora più drammatico l’evento, se fossero stati attinti dall’incendio divampato” ha spiegato il procuratore Tescaroli.
“Se le pompe” di carico delle autobotti al deposito Eni di Calenzano, “fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni”, ha evidenziato lo stesso procuratore. 255mila euro: è questa la cifra che sarebbe “costata” la vita a cinque uomini. Il procedimento è stato iscritto anche a carico della società Eni, a cui la procura contesta la responsabilità amministrativa per i reati di omicidio e lesioni, reati commessi “nel suo interesse e vantaggio”. Per i propri “interesse e vantaggio”, dunque, Eni avrebbe permesso la contemporaneità dell’attività di manutenzione senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così il mantenimento della produttività funzionale all’attuazione delle proprie strategie imprenditoriali. “Tale modalità è risultata indistintamente comune a tutti i depositi – ha spiegato Tescaroli – sicché l’interesse e il vantaggio è ancor più ampliato su scala nazionale”.
Peraltro, gli interventi sulle valvole da cui poi è fuoriuscita la nube di benzina sono risultati alla procura “non necessari”, tanto che il progettista della DG Impianti incaricato da Eni non li aveva previsti. Le indagini hanno poi consentito di individuare, durante una perquisizione negli uffici di Eni, alcuni documenti prodotti successivamente al disastro. Documenti che riportano la data di preparazione del 27 gennaio 2025 e che evidenziano per la prima volta la linea che doveva essere trattata da Sergen: la linea non era mai stata citata fino a quel momento, nemmeno negli studi tecnici preliminari. “Si tratta di una documentazione che non avrebbe ragione d’essere a valle di un incidente che ha fermato ogni attività nel sito e che appare proiettata ad ostacolare l’individuazione di responsabilità di figure professionali di Eni”, ha spiegato Tescaroli. La società “è oggetto di illecito amministrativo”, dunque, anche “per la condotta di uno dei nove indagati”, il quale avrebbe “tentato in qualche modo di ostacolare le indagini” sulle cause dell’esplosione creando proprio questa cartella documentale emersa più di un mese dopo l’esplosione.
La Procura ha chiesto al Gip di aprire l’incidente probatorio. Il deposito Eni resta sotto sequestro e ad oggi non ci sono date per la sua riapertura.