Ridotta a 3 anni e 5 mesi la pena per Giovanni Zonin, per lungo tempo presidente della Banca Popolare di Vicenza. Stessa condanna per l’ex vicedirettore generale Andrea Piazzetta. Pene ridotte, anche per Emanuele Giustini e da ricalcolare per Paolo Marin, mentre per Massimiliano Pellegrini, dirigente preposto al bilancio BpVi, ci sarà un nuovo processo di Appello.
Si è concluso così, con la sentenza emessa ieri dalla Corte di Cassazione poco prima della mezzanotte, il processo penale a carico di Zonin e di altri 4 ex amministratori e dirigenti della Banca Popolare di Vicenza, che dovevano rispondere a vario titolo dei reati di aggiotaggio, ostacolo agli organismi di vigilanza e falso in prospetto, nell’ambito del crac dell’istituto di credito vicentino, in liquidazione coatta amministrativa dal giugno 2017.
Il dissesto della popolare Veneta, che in anni precedenti aveva rilevato la Cassa di Risparmio di Prato, ha riguardato una grande quantità di famiglie pratesi, risparmiatori che in molti casi erano stati spinti ad acquistare azioni o obbligazioni subordinate della BpVi, nell’ambito di pratiche di finanziamento e senza essere compiutamente informate dei rischi connessi all’operazione.
Gli investimenti si azzerarono con il crac della Banca Popolare di Vicenza, la cui parte sana è stata rilevata nel 2017 da Intesa San Paolo.
Al processo penale contro Giovanni Zonin (che in primo grado era stato condannato a 6 anni e mezzo e a 3 anni e 11 mesi in Appello) e gli altri ex vertici di BpVi giunto ieri a sentenza definitiva, si sono costituiti parte civile anche un centinaio di azionisti pratesi, assistiti dagli avvocati Francesca Meucci e Francesco Querci, che hanno visto confermato quanto già ottenuto in appello, ovvero il riconoscimento al risarcimento dei danni ed una provvisionale del 5% dell’importo nominale del valore delle azioni e obbligazioni acquistate.
Gli avvocati Meucci e Querci “si apprestano pertanto ad effettuare il conteggio di quanto loro dovuto e valuteranno, dopo il deposito della motivazione della sentenza, se agire o meno in via esecutiva nei confronti dei condannati per il recupero delle provvisionali irrogate e delle spese legali liquidate, nonché se promuovere o meno eventuali ulteriori azioni nei confronti degli effettivi responsabili civili”.
La questione del recupero delle somme è dunque aperta sul piano civilistico, con le difficoltà connesse. A febbraio scorso era arrivata la sentenza della Corte Costituzionale, che – investita proprio dalla Corte di Cassazione per il caso del processo agli ex vertici Bpvi – aveva dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 2641, primo e secondo comma, del codice civile, ritenendo sproporzionata la confisca di beni per quasi un miliardo di euro disposta in primo grado dal Tribunale di Vicenza a carico di 4 ex amministratori.
Per i risparmiatori traditi, negli anni scorsi è stato istituito il Fir Fondo indennizzo risparmiatori, con cui lo Stato, a fronte di istruttorie caso per caso e di esito positivo, ha riconosciuto il 40% del valore delle azioni e il 95% delle obbligazioni subordinate.