23 Luglio 2025

Elettricista folgorato, condannati a 2 anni i titolari

L'uomo, dipendente della Novelli Impianti, fu vittima di un incidente mentre lavorava in un ristorante del centro: il Tribunale ha disposto provvisionali alle parti civili

Tre anni dopo l’incidente sul lavoro, costato la vita all’elettricista Gianni Gesualdi, sono stati condannati a 2 anni, pena sospesa condizionata al pagamento delle provvisionali alle parti civili, Angelo e Alberto Novelli, padre e figlio, titolari della ditta Novelli Impianti per la quale lavorava il 49enne. Il tribunale di Prato, ieri, ha pronunciato la sentenza di primo grado nel processo per omicidio colposo a carico dei due imputati, chiamati dal giudice – in attesa della definizione dei risarcimenti in sede civile – a versare una provvisionale alle parti civili, assistite dagli avvocati Stefano Belli e Alessandra Favi: 80.000 euro la somma riconosciuta alla vedova, 50.000 euro ciascuno ai genitori e 30.000 euro a ciascuna delle due sorelle.
Gesualdi, secondo quanto ricostruito dalla Procura, morì folgorato mentre lavorava al quadro elettrico di una cappa all’interno del ristorante Tortellove di via Tinaia, in centro a Prato.

Secondo gli accertamenti, per eseguire i lavori nel locale non era stata preventivamente staccata la corrente: circostanza che è risultata fatale all’elettricista. In un primo momento per la morte dell’elettricista erano state indagate sei persone: le altre posizioni erano state via via stralciate e a processo sono finiti i titolari della Novelli Impianti.
Secondo l’accusa fra le mansioni di Gesualdi non c’era quella di effettuare l’allaccio elettrico alla linea, operazione per la quale non era abilitato. La Procura di Prato ha escluso che si sia trattato di un’iniziativa autonoma da parte del Gesualdi, il quale stava lavorando nel ristorante assieme ad uno dei due soci dell’azienda.

In attesa del deposito delle motivazioni, entro 30 giorni, Eva Betti e Massimo Nitto, avvocati difensori di Angelo e Alberto Novelli, preannunciano appello contro la sentenza del Tribunale di Prato, che non avrebbe preso in considerazione altre posizioni di responsabilità. Secondo gli avvocati difensori “l’istruttoria dibattimentale non ha dissipato in modo chiaro i dubbi in ordine alla circostanza per cui l’infortunato fosse o meno consapevole di lavorare sotto tensione”. “Le risultanze processuali – sostengono gli avvocati Betti e Nitto – hanno evidenziato lacune in ordine alla conformità normativa dell’impianto e non è da escludere che il quadro elettrico su cui lavorava il dipendente della ditta fosse alimentato da linee non direttamente collegate al quadro generale”.