4 Agosto 2025

Chiusura serale Giocagiò, Cocci: “Un atto di responsabilità”

L'esponente di FdI parla non solo di sicurezza, ma di senso della comunità

“La scelta del Commissario prefettizio è comprensibile e corretta: chiudere prima un parco divenuto insicuro è un atto di responsabilità. Ma io mi chiedo: è davvero questa la chiusura che conta? O il Giocagiò aveva già chiuso prima, nel silenzio delle panchine vuote e dei giochi abbandonati? La mia risposta è semplice: quando le famiglie hanno iniziato a evitarlo. Quando la normalità ha ceduto il passo alla paura. Quando la sopraffazione ha messo radici in uno spazio pensato per il gioco, l’incontro e la fiducia reciproca”. Così Tommaso Cocci di Fratelli d’Italia interviene sul caso della chiusura anticipata serale del parco Giocagiò.

“Quella che oggi chiamiamo ‘emergenza’ è in realtà l’esito di anni di assenza di governo del territorio, frutto di una visione politica che, per troppo tempo, sotto le giunte del Partito democratico, ha scelto di non vedere. Quartieri lasciati soli, spazi pubblici privi di presidio, un’idea di convivenza delegata all’autoregolazione sociale, che in contesti fragili non funziona – prosegue Cocci -. Non si tratta solo di ordine pubblico, si tratta di un patto rotto tra istituzioni e cittadinanza. E finché questo patto non sarà ricostruito, continueremo a rincorrere le emergenze. Da ex capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale, e oggi candidato per il Consiglio regionale, sento la responsabilità di dare voce a chi non si è arreso. A chi ha continuato a portare i figli al parco, anche quando non era più facile. A chi crede ancora che la sicurezza sia un diritto quotidiano, non un privilegio occasionale. Non voglio vedere altri parchi svuotati, né città che rinunciano a se stesse per stanchezza. La vera sfida è riprendere in mano la gestione della cosa pubblica, con coraggio e visione. A partire proprio dai luoghi in cui una comunità sceglie di incontrarsi, o di sparire”. Come concluso da Cocci, “Un parco non è solo un insieme di panchine e scivoli: è un termometro civile. Quando una comunità smette di viverlo, vuol dire che ha perso fiducia in se stessa. Riprendersi uno spazio pubblico è sempre anche un atto di ricostruzione culturale”.