“Il Prato è andato in serie D per demeriti sportivi. Mettiamo i punti sulle i per favore”. Il sindaco Matteo Biffoni vuole precisare subito che il mancato ripescaggio della squadra biancazzurra in serie C non è colpa del mancato rinnovo della concessione del Lungobisenzio ma del “campionato disastroso” fatto dal Prato.
Ieri il Coni ha respinto il ricorso presentato dalla società laniera contro la decisione della Figc di non ammettere l’Ac Prato al prossimo campionato di Serie C. Al centro del pronunciamento proprio l’indisponibilità dell’impianto di via Firenze che il Comune non ha voluto concedere a Toccafondi.
Sindaco, perché non avete rinnovato la concessione dello stadio ben sapendo che in questo modo il Prato sarebbe rimasto in serie D?
“Lo voglio ribadire – dice ancora Biffoni – lo stadio è stato disdettato dal Prato quando il suo presidente è venuto in Comune a dirci che intendeva cedere la società. Il Lungobisenzio è troppo grosso e strutturato per la serie D. Per questo Toccafondi ha chiesto il recesso”.
Poi cos’è successo?
“Lo dovete chiedere a lui. Quello che è successo nel frattempo non lo so. A me è stato chiesto un aiuto nella cessione della società e l’ho fatto. Io sono rimasto a questa richiesta. Noi ci siamo mossi nell’interesse della società e non nell’interesse di qualcuno che pensa di usare l’Amministrazione comunale come un autobus do si sale e si scende”.
Se lei potesse tornare indietro accetterebbe di nuovo di fare da mediatore per la vendita della società?
“Ma certo, non ho nessun tipo di pentimento. L’Ac Prato è un patrimonio cittadino, lo avrei fatto, sempre nel rispetto delle leggi e del mio ruolo, anche per altre realtà importanti. Paolo è un amico, non ho difficoltà a dirlo, mi ha chiesto di dargli una mano e io ho accettato perché c’era una volontà netta, chiara, espressa pubblicamente di cedere la società”.
Ha creduto nella possibilità che la trattativa con l’avvocato Romano e la cordata canadese potesse andare in porto?
“Assolutamente. A me è arrivata sollecitazione da persone che conosco e piuttosto conosciute in città e poi ho messo in contatto le parti. Quello che è successo dopo non lo so sinceramente”.
Tra le varie proposte di acquisto della società ce n’era una migliore e più credibile che non è stata intrapresa?
“Non ve lo dirò neanche sotto tortura in questo momento. Io ho avuto tanti contatti, anche dopo che è stato firmato l’accordo tra le parti. A tutti è stata chiesta riservatezza. E la rispetto. Quando la questione sarà terminata potremo parlarne. Io continuo a mantenere riserbo”.
C’erano dunque altre strade che non sono state percorse…
“Secondo me sì, assolutamente. C’erano altre opportunità. Poi è stato intrapreso un percorso e noi abbiamo rispettato la scelta. Ma la volontà è cambiata in corso d’opera. Io sono rimasto alle sue dichiarazioni, date anche a Tv Prato, che al 30 giugno lui avrebbe dovuto terminare la sua esperienza alla guida del Prato”.
Cosa possiamo dire ai tifosi e alla città di questa situazione?
“Noi abbiamo fatto di tutto, nei limiti delle nostre competenze per aiutare la proprietà. L’inter, l’Orgoglio pratese, l’idea di sviluppare il Lungobisenzio, noi abbiamo provato a dare una mano. Ma non si è mai concretizzato nulla. Anzi, siamo arrivati alla retrocessione in serie D, la volontà di cedere e poi la richiesta di ripescaggio e quello che sappiamo. Non si può cambiare idea. L’Amministrazione comunale deve essere seria e coerente con il percorso intrapreso in questi mesi”.
Questa è la motivazione della linea della fermezza?
“Certo. Se uno fa una trattativa tra privati fa come vuole, ma se coinvolge una amministrazione pubblica deve essere assolutamente rigoroso nel rispetto e nella trasparenza di quello che accade. Non che le cose accadono e a noi tocca rincorrere. Soprattutto quando, come in questo caso, c’è una lettera scritta che dice: io lo stadio non lo voglio più”.
G.C.
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