“Prato oggi e domani”: in treno all’Ospedale, Santo Stefano green per ridurre il traffico
Pomeriggio di ordinario traffico urbano. Sono a Narnali, senz’auto, devo rientrare in centro. M’incammino di fianco alle auto in colonna. Mi sorpassano lente, si fermano, le sopravanzo, poi ripartono. Viaggiamo a passo d’uomo. Stesso tempo, stessi metri. Nel punto in cui via Pistoiese diventa a senso unico e riceve il flusso da via Filzi, ho un’idea: prendo il treno. Alla stazione Prato Borgonuovo è annunciato un convoglio per Arezzo. Breve attesa e arrivo a Porta al Serraglio in meno di quattro minuti.
Fossi rimasto in strada, a piedi oppure nel serpentone di auto, avrei impiegato mezz’ora. Treno da usare per spostarsi in città. Peccato che a Borgonuovo fossimo saliti appena in sei, nessuno sceso al Serraglio. Nessuno penso lo abbia fatto alla Centrale. Mi chiedo quante persone sarebbero salite su quel treno, se la fermata ad ovest della città fosse stata progettata poche centinaia di metri più in là: in coincidenza con l’ospedale Santo Stefano, affollatissimo ad ogni orario.
Ripenso alla proposta che lanciai nell’estate 2010, constatando che l’allora cantiere del Santo Stefano era sfiorato dai binari in via Ciulli e che per un buon tratto la ferrovia corre a distanza facilmente percorribile a piedi dal complesso ospedaliero.
Domenica primo agosto di 14 anni fa, sulla cronaca della Nazione di cui ero responsabile, scrissi “Un treno per l’ospedale”. Non una provocazione, ma l’invito a riflettere sull’ipotesi di una fermata a fianco del futuro Santo Stefano, con chiari vantaggi per le migliaia di persone che ogni giorno ne varcano gli accessi. Vediamo di chi si tratta:
1) Chi abita in centro storico e nella zona est potrebbe andare e tornare a emissioni zero: a piedi fino alle stazioni Serraglio o Centrale per ritrovarsi al Santo Stefano nel tempo massimo di sette minuti. Pensate a quanto occorre in auto, in moto, in bus.
2) Chi arriva dalla Val di Bisenzio, con cambio alla Centrale, avrebbe la possibilità di viaggiare solo in treno, non ingolfando di auto la stremata 325.
3) Gli utenti dalle altre città (Firenze, Pistoia e provincia), per cui l’invito sarebbe chiarissimo: all’ospedale di Prato per prestazioni e visite si viene in treno.
4) Tutta la città che verrebbe alleviata di mezzi che vanno e vengono dall’ospedale.
5) Il Santo Stefano, che diverrebbe “green” e contemporaneo.
6) I pendolari per Firenze, che prenderebbero il treno evitando di raggiungere su gomma le stazioni del centro, non ingolfando la declassata e il nodo del Soccorso.
L’idea della stazione “ospedaliera”, al tempo, intrigava, ma bisognava assumersi delle responsabilità. Probabilmente per via di project financing che potrebbero prevedere la concessione dei parcheggi interni.
Rispetto alle previsioni iniziali, molto gravose per gli utenti, è stata introdotta la sosta gratuita nei primi venti minuti, alleviate le tariffe che inizialmente vennero bollate come “tassa sul dolore”. E si è permesso al bus di raggiungere l’ingresso del Santo Stefano: per anni gli ultimi 200 metri si percorrevano a piedi. In cambio, sono state eliminate tutte le aree di sosta libera nell’area circostante.
Il project financing scadrà a inizio anni Trenta. Il 2035 è indicato in campo internazionale come l’anno della definitiva transizione ecologica nel campo della mobilità e non solo. Chi amministra la città e ha in programma di farlo per un decennio e chi nel 2029 intenderà porsi come alternativa potrebbe iniziare a chiedersi con opportune ricerche se una fermata ferroviaria in coincidenza dell’edificio che da solo registra il maggior numero di accessi in città sarebbe utile per cittadini e ambiente. E in caso affermativo, intraprendere un iter certamente complesso e tortuoso. Nel frattempo, Aci Prato ha espressamente inserito dall’ottobre 2023 fra le osservazioni al piano strutturale la previsione della stazione ospedaliera al posto di quella di Borgonuovo. Un alleato in più, per chi amministra. E non può non domandarsi se sia giusto che un ospedale e quattro binari che gli transitano vicini siano condannati ad ignorarsi all’infinito.