Lavoro, ambiente e welfare: le proposte della Chiesa toscana alla Regione
Consegnato nelle mani della presidente del Consiglio regionale Stefania Saccardi il documento dell’Ufficio regionale per la Pastorale sociale e del lavoro coordinato dal vescovo Giovanni Nerbini
Il documento, dal titolo “Proposte di interventi su lavoro, ambiente e welfare per la regione Toscana”, è stato presentato questa mattina dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena, vescovo di Montepulciano e presidente della Conferenza Episcopale Toscana, dal vescovo di Prato Giovanni Nerbini, delegato della Cet per i problemi sociali e il lavoro, e da Guido Pratesi dell’Ufficio Cet per la pastorale sociale e il lavoro. Il documento è stato consegnato alla presidente del Consiglio regionale della Toscana Stefania Saccardi, in rappresentanza delle istituzioni regionali. Contestualmente, è stato inviato al Presidente della Regione Eugenio Giani e ai consiglieri di maggioranza e opposizione.
Il lavoro: dignità, giovani e sicurezza
Il primo capitolo del documento è dedicato al lavoro, «molto più di una semplice attività economica, ma vocazione e partecipazione al bene comune».
La Toscana conta oggi circa 350 mila imprese e oltre 1,6 milioni di occupati, ma il quadro – pur positivo in termini di occupazione complessiva – mostra segnali di rallentamento e profonde disparità tra settori e territori. Il manifatturiero, specie la filiera moda, è in flessione, mentre agricoltura, costruzioni e turismo tengono. In aumento, però, cassa integrazione e licenziamenti economici.
Da qui l’appello a una nuova cultura del lavoro, che metta al centro la persona e non la produttività a tutti i costi. I vescovi denunciano lo sfruttamento e la precarietà, chiedendo «un’alleanza per la verità e la giustizia» – come disse papa Francesco a Prato – e rilanciano alcune proposte concrete: incentivi per le imprese virtuose, una rete di ispettori sociali, formazione sulla sicurezza e un impegno condiviso contro il lavoro nero.
Una particolare attenzione è rivolta ai giovani, perché «il lavoro non è una merce, ma espressione della dignità dell’uomo». I dati sui Neet (13,8%) e sull’imprenditorialità giovanile spingono i vescovi a chiedere percorsi strutturati tra scuola e impresa, fondi per start-up, tirocini retribuiti e incentivi alla stabilizzazione.
Non manca l’attenzione ai lavoratori stranieri, oggi oltre 400 mila in Toscana, spesso impiegati in condizioni precarie. La proposta è quella di un «Patto di comunità per l’integrazione lavorativa» e di reti di mediazione culturale nelle aziende, per costruire rapporti basati su legalità e rispetto reciproco.
Ambiente: ecologia integrale e responsabilità collettiva
Il secondo capitolo guarda all’ambiente come questione non solo ecologica ma profondamente umana e sociale.
«Non c’è crisi ambientale che non sia anche crisi dell’uomo», ricordano i vescovi, richiamando la Laudato si’ e l’urgenza di un approccio integrale alla «salvaguardia del creato».
La Toscana è una terra ricca e fragile, con un territorio minacciato da dissesto idrogeologico, cementificazione e consumo di suolo. Per questo si sollecitano politiche territoriali più attente, capaci di limitare l’espansione edilizia e promuovere rigenerazione urbana e partecipazione dei cittadini.
Anche la gestione dei rifiuti richiede una svolta culturale: «Non basta costruire nuovi impianti – scrivono i vescovi – occorre ripensare il modo in cui produciamo e consumiamo». L’invito è a investire sull’educazione ambientale, sulla riduzione dei rifiuti e sulla consapevolezza dell’impronta ecologica di ciascuno.
Nel campo dell’agricoltura e delle foreste, i vescovi chiedono di valorizzare le colture tradizionali, sostenere la biodiversità, incentivare l’agricoltura sostenibile e promuovere il riutilizzo delle acque reflue in ottica di economia circolare. «Il mondo agricolo – ricordano – è presidio del territorio e garanzia di equilibrio ambientale».
La cura del creato, insomma, non è un tema opzionale ma una dimensione spirituale e civile della vita comune.
Welfare: abitare, sanità, fragilità
Il terzo pilastro del documento riguarda il welfare, che i vescovi invitano a leggere come «cura delle fragilità» e come terreno decisivo di coesione sociale.
Al centro, la necessità di prevenzione, di un sistema sanitario più vicino alle persone e di un’attenzione rinnovata alle nuove povertà, materiali e relazionali.
Sul fronte sanitario, il documento rilancia il bisogno di completare la rete della medicina territoriale, rafforzando il ruolo dei medici di base e rendendo pienamente operative le Case della salute. Ma il welfare, avvertono i vescovi, non si esaurisce nella sanità: comprende la qualità dell’abitare, la solitudine degli anziani, le nuove forme di disagio giovanile e digitale.
Viene segnalato il crescente fenomeno degli hikikomori, del ritiro sociale e delle dipendenze, sintomo di una crisi di relazioni e di senso. «Dove abitano oggi i nostri giovani? E dove abitiamo noi?», chiedono i vescovi, invitando a ricostruire spazi condivisi e comunità accoglienti.
L’emergenza abitativa è definita una priorità. In Toscana, il costo della casa incide in media per il 22% sui redditi familiari, e l’edilizia popolare resta insufficiente rispetto alla domanda. Gli episcopati chiedono un piano straordinario per l’accesso alla casa, soprattutto per i giovani e per le famiglie vulnerabili.
Accanto a questo, serve un impegno concreto per gli anziani, non solo in termini di assistenza, ma di riconoscimento della loro dignità e memoria: «La durata della vita si è allungata, ma la qualità non sempre cresce allo stesso ritmo», si legge nel testo.
Un appello alla politica e alla società civile
Le proposte della Conferenza Episcopale Toscana non hanno valore programmatico, ma rappresentano un contributo alla riflessione pubblica in vista delle scelte politiche future. In un tempo di disillusione e polarizzazione, la Chiesa invita a recuperare una cultura politica autentica, capace di pensare in grande e di guardare all’uomo intero: «L’azione politica è cosa seria e va misurata sul bene di tutti e di ciascuno, e per la casa comune».
La conclusione del documento è un manifesto di fiducia: la Toscana, con le sue tradizioni civili, culturali e spirituali, ha le risorse per costruire un’economia umana e relazionale. Solo una Toscana che mette la persona al centro, dice la Conferenza Episcopale Toscana, potrà generare davvero futuro.