28 Settembre 2023

A Montemurlo il tessile che a Prato non c’è più e il parco che Prato non riesce a darsi

Le fabbriche storiche si sono trasferite lì, fra bar alla moda e l'area verde che per il capoluogo rimane un sogno. Un insospettabile modello di equilibrio


Osservi Montemurlo e vedi una Prato che non c’è più e quello che Prato vorrebbe diventare e non  riesce. La prima è la città del tessile ancora appartenente alle famiglie. Dei lanifici, degli impannatori, dei terzisti con la piccola filatura o la grande rifinizione. Tutti – o quasi tutti- lì, a Montemurlo, fra Oste e il Pantano, Bagnolo e via Scarpettini, lunga e sinuosa come un serpente che non finisce mai. C’è uno slogan che definisce la nuova realtà ed è molto piu di un’indicazione stradale. Recita: Tessile pratese, uscita Prato ovest. La bretellina che fra il Calice e Bagnolo ha tagliato la campagna ha completato l’opera, iniziata lentamente dopo il Duemila, quando i cinesi, terminata la fase del magazzini vetusti e insicuri premevano sui macrolotti con convincenti buonuscite per proprietari e inquilini. Chi voleva chiudere la fabbrica  prendeva i soldi e vendeva l’immobile.  Chi pensava di diventare immobiliarista restava proprietario e riscuoteva l’affitto. Chi intendeva continuare ad essere ciò che era ed è, si trasferiva a Montemurlo. Comprava o affittava capannoni lì e con la plusvalenza realizzata finanziava l’impresa o la famiglia. Un affare per tutti, Prato compresa,  che ha composto nella zona sud il suo lembo d’oriente, l’esclusivo  distretto del pronto moda, coi servizi cinesi, le banche cinesi,  mèta di clienti da tutto il mondo.

A Montemurlo però è praticamente rimasta  l’esclusiva di quelle che si chiamano ancora “ditte“,  anche se fatturano decine di milioni. Ditte perché hanno cognomi pratesi nell’insegna o sono nate cinquanta o sessant’anni fa, che per Prato è tanta roba. E le fabbriche  hanno portato a Montemurlo un indotto che a Prato non si era mai visto. Bar alla moda, magari col nome di una stoffa, in capannoni rivisitati da architetti coraggiosi. Qui, alle sette di sera si ritrovano per lo spritz pratesi che si fanno concorrenza e magari  si copiano i campionari,  poi vanno insieme alle fiere all’estero. Com’è lontana la Prato calvinista e puritana che dopoguerra chiuse il caffè delle Logge e l’ippodromo, per non distrarre nessuno dal lavoro,  per non indurre in tentazione. E che comunque, alle sette di sera, avrebbe rincorso l’ultimo tessitore, non l’aperitivo.

Da qualche giorno a Montemurlo c’è poi un pezzo di ciò che Prato non riesce a darsi: il parco urbano che il capoluogo ha previsto ma non sta realizzando nell’area del vecchio ospedale e Montemurlo ha appena inaugurato.  Ricavandolo in una piazza triste, con un esteticamente  triste monumento resistenziale e un campo di calcio dove si giocava fra i vetri  deI palazzi. E ora ci sono alberi e panchine, attrezzature per bimbi, percorsi con zampilli, dove ci si illude di camminare sulle acque come nella City life di Milano. E sembra sorridere perfino il vecchio monumento. Folla di adulti e bambini, nei pomeriggi di questa estate che non vuol morire. Chi era andato all’inaugurazione, per curiosità o per dovere, ci sta tornando per piacere.

Il parco urbano, i bar alla moda, la Rocca e le ville rinascimentali  finalmente non più nascoste, la viabilità d’ingresso e uscita che funziona. E le ditte della tradizione. Il Far West in cui ognuno costruìva fabbriche dove e come gli pareva è diventato modello di equilibrio fra lavoro e tempo libero, produzione e ambiente. Insospettabile, fino a poco fa.

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi