29 Novembre 2013

Giuseppe Giangrande tornerà a Prato per il Natale. La figlia Martina: “Sono contenta ma non posso perdonare il suo attentatore”


Martina Giangrande, figlia del brigadiere Giuseppe Giangrande, ferito il 28 aprile da Luigi Preiti davanti Palazzo Chigi, ha partecipato a un incontro al comando provinciale dei Carabinieri, a Milano, alla presenza del comandante Maurizio Stefanizzi. L’occasione la consegna di 2 assegni del Consorzio commercianti corso Buenos Aires. “Finalmente papà potrà lasciare l’ospedale, questo Natale lo trascorreremo assieme. Il suo attentatore? L’ho guardato negli occhi ma non ho provato nulla, comunque non posso perdonarlo”.
I commercianti milanesi hanno raccolto per lei 10mila euro (7mila offerti dal presidente Lino Faccicani, il resto durante una cena di beneficenza). “Vi ringrazio tantissimo, non mi aspettavo tanta generosità – ha detto Martina ai rappresentanti del Consorzio durante l’incontro nella sala stampa di via della Moscova -. Voi non ci conoscete neppure ma avete fatto così tanto. Questo è un segnale importante, di grande speranza. Mi auguro che papà possa presto incontrarvi per ringraziarvi di persona, magari che possa stringervi la mano”.
Al momento il brigadiere Giangrande si trova nell’ospedale di Imola, dove ritornerà verso aprile per un intervento che dovrebbe consentirgli di migliorare la sua mobilità degli arti superiori. “È migliorato in questi mesi ma non posso dire che stia bene – ha spiegato la figlia -, utilizza una carrozzina elettrica per gli spostamenti che attiva col mento, ma l’intervento potrebbe essere una svolta”.
Durante la degenza, arrivata al settimo mese, l’attenzione dei media e delle persone non è scemata. “Anzi, è rimasta uguale, ho raccolto un migliaio di lettere scritte a mano, destinate a me o a mio padre – ha raccontato Martina – per non parlare delle e-mail: pensate che ogni martedì uno sconosciuto ci invia un mazzo di fiori diverso e non siamo ancora riusciti a scoprire di chi si tratta”.
Infine, l’ultimo pensiero è per Luigi Preiti, l’attentatore. “L’ho incontrato al processo, l’ho guardato negli occhi ma non ho sentito niente per lui. Il perdono? È un sentimento che non posso provare, almeno non ancora”.

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