1 Maggio 2015

Primo maggio nel segno della solidarietà: il corteo dei sindacati per le strade del centro


A tenere lo striscione “W il primo maggio” quest’anno sono tre rappresentanti delle categorie del commercio, in sciopero per la festa del lavoro così come già era stato il 25 aprile contro le aperture festive della grande distribuzione. Dietro di loro, colorato e festante, il corteo organizzato dai sindacati: c’è la banda, da Luicciana; ci sono i valletti del Comune di Prato e il gonfalone, con sindaco e giunta al seguito. Seicento persone circa partite alle 10.30 da piazza Mercatale e che si radunano – per la prima volta – in piazza delle Carceri. E’ il segretario confederale UIL Guglielmo Loy con delega alle politiche migratorie a parlare dal Castello dell’Imperatore, a conclusione del corteo organizzato dai Cgil Cisl e Uil. Un discorso che prende le mosse dalle stragi di immigrati ma che non manca di affrontare i temi delle politiche del Governo sul lavoro. “La solidarietà fa la differenza e la fa anche a Prato. Fa la differenza tra chi mette al centro la persona e chi con cinismo la considera un numero. Il pensiero oggi va alla Sicilia e alle vite umane che vanno salvate, le vite di uomini che lasciano il proprio paese per la disperazione e per la guerra”. Loy pungola parlamento e governo sulle leggi di immigrazione e cittadinanza: “Il governo tace su questi temi quando abbiamo migliaia di bambini che crescono e studiano nelle nostre scuole: dobbiamo essere più veloci su questi temi, ci vogliono regole”. Così come occorrono regole per il lavoro sicuro, e per contrastare lavoro irregolare ed economia sommersa. Loy critica ancora la posizione del premier sull’articolo 18 – “Un errore modificarlo, servono tutele per i lavoratori” – chiede politiche di crescita per “un paese in cui l’occupazione non aumenta, aumenta solo la disoccupazione”; guarda all’imminente sciopero della scuola del 5 maggio prossimo e dice “lo Stato è il peggior datore di lavoro, non consente ai suoi dipendenti di rivedere i contratti e le condizioni di lavoro”; infine si rivolge ai giovani, pochi in piazza per la verità, a quei giovani “che formiamo, facciamo studiare e poi regaliamo agli altri paesi. Anche per loro servono nuove politiche, politiche più equilibrate e di crescita”.

“Siamo consapevoli che la crisi colpisce e cambia il modo di pensare delle persone,aumenta il disagio e a volte la disperazione e può creare anche la cosiddetta guerra tra poveri”, dice poi Loy ai microfoni dei giornalisti. “E’ un fatto che va compreso e in alcuni casi prevenuto. Per esempio – dice tirando una frecciata al Governo sul Jobs Act – non bisogna pensare di cambiare completamente le politiche del lavoro e dell’incontro domanda offerta. Evidente è che quando c’è un alto tasso di disoccupazione vanno messi in atto strumenti straordinari per evitare conflitti tra i più deboli. In particolare in aree in cui la ricchezza prodotta da lavoratori immigrati è molto alta. Politiche industriali da cambiare ma anche politiche del lavoro più efficaci ed efficienti per rispondere all’alto tasso di disoccupazione in cui si somma un alto tasso di disoccupazione immigrata”.

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