12 Maggio 2015

Storica tintoria annuncia la chiusura: 36 operai rischiano il posto. Allarme della Cgil: “Affittare i capannoni ai cinesi è più conveniente di fare impresa?”


Un’altra tintoria annuncia la chiusura e i 36 dipendenti rischiano di perdere il posto di lavoro. Si tratta della Phoenice srl, che nei giorni scorsi ha inviato ai sindacati e alla Provincia le lettere di apertura della procedura di mobilità. Il motivo indicato è la cessazione dell’attività, a far data dal 15 luglio prossimo, per effetto della crisi e del calo del fatturato registrato negli ultimi anni.
La notizia è stata accolta con sorpresa dai sindacati: alla Phoenice non sono attive procedure di cassa integrazione, né risultano ritardi nel pagamento degli stipendi. Oggi si è tenuto un primo incontro tra i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil e i lavoratori nella sede dell’azienda, per illustrare gli scenari che si aprono. Ci sono 45 giorni per trovare un accordo tra proprietà e sindacati, e altri 30 giorni per un’eventuale conciliazione in Provincia. Se non si arriva ad un’intesa e ad una procedura diversa dalla cessazione, i licenziamenti diverranno effettivi.

Anche la Phoenice è un’azienda storica del distretto, conosciuta con la vecchia ragione sociale “Fenice”. La
nuova denominazione è intervenuta a seguito di un riassetto societario verso la fine degli anni Novanta.
La sede è in via dei Fossi al Macrolotto Uno, a pochi metri di distanza da un’altra azienda di finissaggio chiusa nei mesi scorsi, Eurotintoria, nella cui ex fabbrica – dopo lo smontaggio e la cessione dei macchinari – sono in corso lavori di adeguamento per un nuovo utilizzo. Via dei Fossi è divenuta una delle strade-vetrina per i clienti dei pronto moda cinesi, che hanno rilevato gran parte dei fabbricati.
Per gli ex dipendenti di Eurotintoria, quanto meno, è arrivata una buona notizia: in attesa della piena entrata in vigore della riforma degli ammortizzatori sociali, il Ministero del Lavoro ha approvato la richiesta di cassa integrazione per dodici mesi.

Intanto, dopo l’ennesima azienda i sindacati lanciano un grido di allarme. “Ci sono tutte le condizioni favorevoli per la ripresa: cambio euro-dollaro, basso costo del petrolio e dunque bollette energetiche più basse, le nuove regole del mercato del lavoro che fanno risparmiare e molto le aziende, e anziché vedere investimenti siamo di fronte ad altre chiusure e ad un distretto che perde pezzi – afferma Anna Rosa Stefani della segreteria Cgil – Allora viene da chiedersi, è più conveniente vendere o affittare i capannoni ai cinesi piuttosto che fare impresa e cogliere le opportunità che ci sono? Che fine farà questo distretto?”. Cgil, Cisl e Uil chiedono la convocazione di un tavolo con le categorie economiche e le istituzioni per riflettere sulle prospettive del distretto tessile. “I terzisti continuano ad essere strangolati e i lanifici continuano a guadagnare. Così non può andare avanti” conclude Anna Rosa Stefani.

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