20 Settembre 2015

BpVi, resa dei conti tra Zonin e l’ex a.d Sorato sull’aumento di capitale con operazioni non consentite


Una vera e propria resa dei conti, quella tra il presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin e l’ex a.d Samuele Sorato, che a quanto pare di capire finirà nelle aule dei Tribunali. Al centro del contendere le responsabilità sulla gestione della banca e le operazioni non consentite ravvisate dalla Bce: sugli 1,4 miliardi raccolti con l’aumento di capitale fra 2013 e 2014, quasi un miliardo è stato ottenuto a fronte di finanziamenti e mutui. In pratica la Banca ha prestato soldi per collocare azioni proprie per 950 milioni di euro. Operazione vietata dal codice civile.

Zonin, nel recente incontro con i dipendenti avrebbe attribuito le responsabilità di questa gestione al precedente management. E secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, la Banca sta preparando un’azione di responsavbilità nei confronti di Samuele Sorato, allontanato a maggio, che sarebbe stato beneficiario di una buonuscita di 5 milioni di euro, successivamente congelata.
L’ex amministratore delegato Sorato ha replicato a Zonin annunciando di adire le vie legali, anche in sede penale, per difendere la propria reputazione e onorabilità professionale dalle affermazioni del presidente della Banca. I chiarimenti sul merito delle affermazioni “false e diffamatorie” di Zonin, Sorato dice di doverli riservare all’esito delle valutazioni delle autorità di vigilanza, per rispetto degli organi ispettivi.

L’addio di Sorato arrivò all’indomani dell’assemblea, nella quale i soci hanno dovuto fare i conti con il deprezzamento delle loro azioni del 23%. Un terremoto a cui è seguita la presentazione della semestrale 2015, chiusa in rosso per 1 miliardo di euro, e l’annuncio di un nuovo aumento di capitale da 1,5 miliardi. In una lettera ai soci Zonin aveva negato ogni responsabilità attribuendo i problemi alle “modifiche normative nel sistema bancario”, le cui sfide venivano assegnate ad un nuovo management.

L’affaire BpVi è al centro di un’inchiesta del settimanale l’Espresso in edicola in questi giorni. In un articolo a firma di Vittorio Malagutti si ricostruiscono gli ultimi anni dell’istituto di credito vicentino, che «avrebbe regalato un salvagente» ai sottoscrittori di importanti pacchetti di titoli grazie alla seguente scrittura privata: «La banca si impegna ad agevolare la liquidazione delle azioni nei limiti della capienza del fondo di riacquisto».
La Popolare di Vicenza dovrà difendersi in tribunale proprio da quegli stessi soci a cui aveva chiesto di acquistare azioni con la promessa poi di ricomprarle. L’inchiesta ricorda come l’istituto vicentino non sia ancora quotato in Borsa, il che ha comportato finora che il mercato azionario si sia svolto al suo interno in maniera informale, gestito dalla banca stessa. Mercato fermo da un paio d’anni per mancanza di compratori.
Sulla modalità degli scambi con gli azionisti è in corso un’indagine della Consob.

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