20 Settembre 2015

La denuncia di un medico di famiglia: “Destinati ad assecondare l’eutanasia se non viene ripristinata l’assistenza domiciliare integrata”


Una richiesta affinchè l’Amministrazione comunale di Prato interceda con gli organi competenti per ripristinare l’assistenza domiciliare integrata e l’individuazione attraverso la Società della Salute di una o più Rsa con disponibilità di posti letto in entrata per cure intermedie.

Sono questi gli oggetti delle due mozioni presentate dai consiglieri di maggioranza, Rosanna Sciumbata e Gianni Bianchi che proprio per la loro professione di medici si trovano a contatto con situazioni molto delicate e a sperimentare la necessità urgente di ripristinare l’assistenza domiciliare integrata e avere dei posti letto fuori dall’ospedale per le cure intermedie.
“Se una mia paziente non avesse avuto le disponibilità economiche per pagarsi il servizio a casa, per il nostro servizio sanitario avrebbe dovuto morire oltre tre anni fa – racconta la dottoressa Sciumbata – Noi medici ci troviamo nella condizione di diventare complici di eutanasia. Questa paziente, tre anni fa ha avuto un ictus è rimasta in coma vigile e si nutriva con un sondino naso gastrico e nessun medico dava più di un mese di vita a lei che aveva già oltre ottanta anni. La signora invece ancora vive. A luglio le è stata fatta un peg, ovvero con un piccolo intervento le hanno inserito un sondino nella stomaco per poterla alimentare, ma l’intervento non è riuscito per cui si è reso necessaro un ricovero per toglierle la peg”.

“Dopo l’asportazione della peg, la signora è stata dimessa solo con delle flebo di soluzione fisiologica perché secondo i medici ospedalieri eravamo alla fine – racconta ancora la dottoressa Sciumbata – Invece la signora dopo 15 giorni era sempre viva, sempre in coma ma più vigile di prima. Per cui avendo visto il miglioramento, ho chiesto l’anestesista a domicilio. Un servizio che fino a qualche anno fa era previsto grazie all’Adi ovvero assistenza domiciliare integrata che consentiva l’invio a domicilio, su richiesta del medico di famiglia, dello specialista che potesse mettere alla paziente un catetere venoso centrale in modo da farla alimentare con una nutrizione adeguata per non farla morire di fame. Questo oggi non è più possibile col nostro sistema sanitario. Il servizio Adi è stato tagliato”.
“La situazione della paziente, che a due mesi da quella situazione è ancora viva, si è potuta risolvere solo privatamente e grazie alle possibilità economiche della famiglia – conclude la consigliera comunale Rosanna Sciumbata –
La signora a 2 mesi dall’inserimento del catetere venoso ancora vive. Se io avessi assecondato l’offerta del servizio sanitario avrei dovuto fare ciò che potrebbe essere definito eutanasia. Il ripristino del servizio Adi ci consente di far rimanere a domicilio situazioni cliniche che altrimenti andrebbero  al pronto soccorso, ad aggravare una situazione già molto precaria”.
La seconda mozione risponde invece alla penuria di posti letto visto che alla nuova realtà ospedaliera non ha ancora fatto riscontro quel progetto di investimento sul territorio per le cure intermedie.

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agostino
agostino
8 anni fa

E poi vanno a vedere le partite di Tennis che danno lustro all’Italia nel mondo. Queste ne darebbero molto di piú, ma senza foto.