16 Marzo 2016

Riciclaggio, via al maxi processo: 4 miliardi di euro “sfuggiti” al fisco, 299 imputati tra cui Bank of China


E’ durato oltre un’ora l’appello per l’udienza preliminare del maxi processo per riciclaggio che si apre oggi a Firenze e vede imputati 299 persone, quasi tutti di origine orientale e la Bank of China chiamata a rispondere ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa. Secondo l’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza circa 4 miliardi di euro sarebbero ‘sfuggiti’ al fisco e alla normativa dell’antiriciclaggio grazie ai trasferimenti effettuati in Cina attraverso negozi di ‘money transfer’. La banca cinese è chiamata a rispondere sulla responsabilità amministrativa perché secondo l’accusa non avrebbe segnalato le operazioni sospette: imputati sono anche 4 suoi dirigenti, all’epoca dei fatti della succursale di Milano per l’Italia. I reati contestati, a vario titolo, vanno all’associazione a delinquere al riciclaggio, dal trasferimento illecito all’estero di denaro all’evasione fiscale. Una ventina di imputati hanno anche l’aggravante di mafia. In aula oltre ai difensori sono presenti anche una parte, una cinquantina, di imputati. Sono state numerosissime le eccezioni presentate dai difensori dei 299 imputati, la maggior parte delle quali per errata notifica agli imputati o agli stessi legali. L’avvocatura dello Stato, tramite il legale Piercarlo Pirollo, ha presentato la richiesta di costituzione di parte civile per il ministero dell’economia e delle finanze, per l’agenzia delle entrate e per l’agenzia delle Dogane. Il gup Anna Liguori, prima di una sospensione dell’udienza per concedere al pm Giulio Monferini di replicare sulle eccezioni, ha comunicato le date delle prossime udienze che si svolgeranno il 6 e il 20 aprile, il 4 e 18 maggio, il 7 e 15 giugno e il 13 luglio. In caso di necessità è già stata fissata anche un’udienza dopo l’estate per il 7 settembre. Durante le indagini la Guardia di finanza aveva perquisito una ventina di money transfer in Toscana, Lombardia, Lazio, Veneto e Campania. Il denaro trasferito in oriente, secondo l’accusa, era frutto della vendita a nero di prodotti tessili, di borse e oggetti in pelle, e dei guadagni derivanti dalla gestione di pasticcerie e ristoranti. Vennero anche sequestrati vari beni tra i quali 52 imprese gestite da cinesi, 22 appartamenti, 4 negozi e un centinaio di autovetture oltre a numerosi conti correnti. Tra i casi più eclatanti accertati dalle fiamme gialle, quelli di sei imprenditori cinesi che pur non avendo mai presentato una dichiarazione dei redditi avrebbero trasferito all’estero oltre 6 milioni di euro. 

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