12 Settembre 2016

Crac Sasch, Cenni patteggia due anni di pena: “Col senno di poi non mi sarei candidato a sindaco: c’è stato accanimento sulla mia azienda” VIDEO


Due anni di reclusione per il crac della Sasch, pena sospesa: il giudice del Tribunale di Prato ha ammesso la richiesta di patteggiamento di Roberto Cenni. L’ex sindaco è stato invece assolto dall’accusa di aver distratto dall’azienda i fondi – circa 6,6 milioni – derivanti dalla vendita dei marchi Sasch. I documenti che attestano il rientro nei conti dell’azienda, dal Lussemburgo attraverso la Cina, di queste risorse erano stati prodotti nelle fase delle indagini da un testimone, ma sono “riemersi” soltanto negli ultimi mesi, dopo che alcuni indagati, soci di Cenni, avevano già patteggiato. I pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Antonio Sangermano, dopo essere venuti a conoscenza dei documenti, avevano modificato la loro richiesta, esprimendo parere favorevole al patteggiamento. Tra le contestazioni a carico di Cenni, per la bancarotta Sasch, fallita sotto il peso di oltre 90 milioni di debiti, restavano altre fuoriuscite sospette di capitali, legate all’esportazione di merce in Russia per circa 26 milioni di euro. Oggi è arrivata la sentenza del giudice Silvio De Luca, che ha concesso a Cenni le attenuanti generiche e riconosciuto la condotta riparativa: l’ex primo cittadino ha messo a disposizione della procedura fallimentare un complesso immobiliare valutato tra i 4 e i 6 milioni di euro, un bene libero da pregiudizi e vincoli debitori.
Nell’udienza di oggi è stato assolto dall’accusa di distrazione di fondi derivanti dalla cessione del marchio anche il comemrcialista del gruppo Sasch Annibale Viscomi, che andrà a giudizio per altri reati. A processo, dal 24 ottobre, anche Giacomo Cenni, figlio di Roberto, Fabrizio Viscomi, Antonio Campagna e Carlo Mencaroni.

Il commento di Roberto Cenni alla sentenza
“Sono contento che ci sia stata assoluzione per la presunta distrazione dell’attivo, un’accusa che per un imprenditore è la più infamante di tutte – ha commentato così la sentenza, Roberto Cenni, presente in aula – Ma c’è rammarico perchè a questa conclusione ci si poteva arrivare prima del rinvio a giudizio, visto che le prove della mia innocenza erano a disposizione da ottobre 2014. Ho accettato il patteggiamento perchè sono esausto e perchè questo libera da una serie di sofferenze me e la mia famiglia. Mio figlio Giacomo non ha voluto patteggiare: è giovane e ha l’energia che a me adesso manca per mostrare nel corso del processo la correttezza dell’amministrazione Sasch. Spero che anche nel procedimento civile ci sia un atteggiamento più conciliante e che la mia posizione possa essere esaminata con serenità”. A carico della famiglia Cenni permangono i sequestri dei beni chiesti e ottenuti dalla curatela fallimentare.
Alla domanda su cosa non rifarebbe, Roberto Cenni risponde: “Non mi candiderei a sindaco. Se non mi fossi candidato avrei potuto seguire l’azienda nella crisi globale che è scaturita e non avrei ricevuto lo stesso trattamento da parte del ‘sistema’: anzichè un meccanismo di accanimento ci sarebbe stata comprensione, come c’è stata per tante aziende che si sono trovate momentaneamente in difficoltà e che si sono potute riprendere perchè gli è stato dato tempo e modo di riorganizzarsi”. Comprensione da parte di chi? “Da parte del sistema: banche, fornitori e opinione generale” risponde Cenni.
Il suo avvocato Manuele Ciappi, che assiste anche il figlio Giacomo, è convinto che nel processo verranno a cadere anche le altre accuse, relative agli affari Sasch con la Russia. “Nutro perplessità per come le curatele hanno condotto il proprio lavoro, che ha condizionato le accuse: perplessità che dovranno essere affrontate in udienza” – afferma l’avvocato Ciappi, il quale sottolinea la professionalità di Gestri e Sangermano, i pubblici ministeri che hanno rilevato il fascicolo da Egidio Paolini, nel frattempo trasferito. “Gestri e Sangermano hanno dimostrato grande equilibrio, prescindendo da pressioni di carattere ambientale esercitate da più parti in modo discutibile”.

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