Dal primo gennaio, salvo proroghe dell’ultima ora, le borse di plastica ultraleggere usate per frutta e verdura ma anche pesce e altri prodotti alimentari, saranno a pagamento. Un ulteriore balzello per i consumatori e un nuovo adempimento per i commercianti, che sono già sul piede di guerra. Fiesa Confesercenti ha chiesto una proroga. «Di questa novità – commenta Andrea Calamai, Presidente Fiesa Confesercenti Prato – i cittadini non sanno nulla, e nemmeno i negozi di alimentari sono pronti. Secondo la direttiva europea volta a ridurre il consumo di plastica, tra qualche giorno dovremmo essere in grado di far pagare ai clienti gli shopper ultraleggeri a un prezzo del tutto discrezionale, che stimiamo possa variare da 2 a 10 centesimi».
Pochi spiccioli, è vero, ma se si usa una borsa per le mele, una per le pere, una per le carote, far salire il conto della spesa è un baleno soprattutto per chi è abituato a fare la scorta settimanale al supermercato e fa incetta di queste borse ultraleggere, che di frequente si trovano abbandonate, insieme ai guanti, nei carrelli. Persino per gli addetti ai lavori la normativa non è chiara. «L’obbligo di far pagare le borse di plastica ultraleggere dovrebbe riguardare solo quelle con i manici, non quelle senza usate ad esempio per mettere il pesce. È giusto, certo ridurre il consumo di plastica – commenta Paolo Marchese Presidente ANVA della Confesercenti di Prato – ma perché non intervenire sui pochi produttori di questi shopper, anziché far ricadere gli oneri sui commercianti e gli ambulanti e, a cascata, sui consumatori, ai quali dobbiamo spiegare che dobbiamo vendere loro non solo i prodotti ma anche l’indispensabile bustina di plastica?».
«Si tratta di un nuovo balzello che graverà sui consumatori e complicherà la vita alle imprese del settore – ha detto Mauro Lassi Presidente Confesercenti di Prato – Se da un lato è necessario alzare il livello di impegno per aumentare la consapevolezza dei cittadini sugli impatti che le borse di plastica hanno sull’ambiente dall’altro non si può scaricare sempre i costi sui consumatori e sulle imprese della distribuzione. Più corretto sarebbe una previsione legislativa capace di introdurre comportamenti virtuosi nella fase produttiva, imponendo l’utilizzo di materiali eco compatibili già nella fase primaria».