6 Settembre 2018

Omicidio Elisa Amato, la famiglia Zini respinge le critiche sulla Fondazione e passa al contrattacco: “Ecco la nostra verità”


Con una lunga lettera inviata ai mezzi di informazione, la famiglia Zini dice la sua sulla Fondazione intitolata al figlio Federico – il giovane di San Miniato che il 26 maggio scorso si tolse la vita dopo aver ucciso l’ex fidanzata, la pratese Elisa Amato – e replica all’avvocato Antonio Bertei che assiste la famiglia Amato, il quale nei giorni scorsi ha inviato a Maurizio Zini, padre dell’omicida-suicida, una diffida legale affinché smetta di tenere condotte potenzialmente diffamatorie nei confronti della 25enne uccisa.
“Il primo riferimento è alla Fondazione intitolata Federico Zini, in corso di riconoscimento, che sin da subito, ha suscitato grandi polemiche sfociate altresì in interrogazioni regionali ed interpellanze comunali che hanno reso opportuno, da parte nostra, un iniziale momento interlocutorio con le Amministrazioni locali, sfociate nell’invio di un comunicato che ne chiarisse, una volta per tutte, l’oggetto sociale perseguito” si legge nella nota inviata da Maurizio Zini. “Definita come ‘una fondazione contro la violenza sulle donne’ è stata oggetto di numerosi linciaggi mediatici che hanno portato ad attacchi gratuiti e a pesanti accuse mosse nei confronti della nostra famiglia” aggiunge Zini, ricordando che “la stampa già pubblicava il nome esatto Fondazione Federico Zini, fin dal 26 marzo 2017 ed aggiungo che la formale costituzione, era prevista già da tempo”. Insomma, la Fondazione è stata “definita in maniera fuorviante ed errata come un ente-antiviolenza” afferma Zini.
“Non è nostra intenzione – e purtroppo ancor prima, in nostro potere – rimuovere verità o responsabilità; alla famiglia di Elisa Amato abbiamo espresso fin da subito, il nostro profondo dolore e richiesta di perdono per un gesto che, anche pubblicamente, abbiamo condannato e sempre condanneremo. E’ sicuramente nostra ferma intenzione, difendere i nobili obiettivi che che la Fondazione ha perseguito e che intende perseguire” prosegue Zini, precisando poi il motivo della costituzione della Fondazione intitolata al figlio Federico. “La Fondazione Federico Zini è l’impegno della nostra famiglia e di tutti i familiari, insieme agli amici e a tanti uomini e donne di buona volontà, a portare avanti le attività sociali e benefiche che Federico, insieme al fratello fin dal 2016, è riuscito a realizzare attraverso il progetto “Un Pallone per un Sorriso”, che registra sul web complessivamente circa 22.700 followers, nato dall’idea di raccogliere fondi tramite la vendita, realizzata per mezzo di aste on line, delle maglie indossate e firmate da giocatori di serie A, B, C e campionati esteri, destinando il ricavato ad associazioni e fondazioni di beneficenza dedicate all’aiuto dei minori colpiti da gravi patologie cliniche. Una iniziativa che portava avanti anche obiettivi di sensibilizzazione e prevenzione di tutti quei fenomeni legati a tematiche di degrado e violenze, perpetrare nei confronti di soggetti accomunati da uno stato di debolezza – derivante dall’età, dalle condizioni di salute – e, quindi, casi di emarginazione sociale, cyberbullismo, adescamento sul web.”
Zini punta poi il dito contro la divulgazione della lettera dell’avvocato Antonio Bertei. “Anziché rimanere nella sfera di conoscenza delle parti, come si auspica che accada ogni volta in cui interviene un legale (che scrive una lettera per i propri assistiti per poi ricevere una risposta dalla “controparte”), si è scelto la strada della pubblicità e dei mass media abbandonando quel profilo di riservatezza che, seppur soltanto in minima parte, potrebbe tutelare il dolore delle famiglie colpite da questa immane tragedia”. Sempre secondo Zini “la pubblicità data alla notizia e le accuse che sono state mosse, continuano ad alimentare un linciaggio mediatico, nei confronti della nostra famiglia subito nel momento più drammatico della nostra vita, costringendoci a prendere una posizione su di un episodio doloroso di cui neppure noi, riusciremo mai a darci una risposta”.
Zini, poi, controbatte anche su un altro punto: “Non corrisponde al vero l’affermazione del legale della famiglia Amato quando scrive che la famiglia di Elisa, non ha mai puntato il dito pubblicamente nei confronti di Federico; nonostante il profondo dolore condiviso con la famiglia, siamo rimasti in silenzio nell’ascolto di varie interviste che, definendo Federico come uno stalker o una persona disturbata, hanno raccontato una storia tra i due ragazzi diversa da quella che conoscevamo noi. I ragazzi per quello di cui siamo a conoscenza, così come abbiamo riferito all’Autorità giudiziaria, si sono frequentati sino al mese di maggio 2018, non si erano lasciati da un anno. Viaggi, cene e progetti facevano parte della loro vita, come di quella di tanti altri ragazzi della loro età”.

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