2 Novembre 2018

Il Museo di Figline accorda e poi nega la presentazione del libro su Magni. L’autore: «Vogliamo parlare del grande ciclista, non del repubblichino»


Questa presentazione non s’ha da fare. Dopo il rifiuto del Comune di Vaiano è arrivato anche il «niet» del Museo della Deportazione e della Resistenza di Figline: in quei locali non si può parlare di Fiorenzo Magni e del libro che gli ha dedicato Walter Bernardi.
E dire che questo incontro era stato già organizzato e inserito all’interno del programma di «Un autunno da sfogliare», la manifestazione letteraria promossa dal Comune di Prato. Dopo essere stata annunciata e pubblicizzata dai mezzi di comunicazione, la presentazione prevista per il 24 ottobre è stata cancellata. O meglio: censurata.

 

 

«Pochi giorni prima del 24 ottobre mi ha chiamato l’assessore alla cultura Mangani per annunciarmi che l’evento non si sarebbe potuto tenere al museo di Figline, devo dire che sono rimasto molto amareggiato anche se la cosa non mi stupisce», dice Walter Bernardi, docente universitario di Filosofia della Scienza e grande appassionato di ciclismo. «Mi avevano proposto di tenere la presentazione alla Lazzerini ma non ho accettato per la dignità del mio lavoro – aggiunge lo scrittore –, devo dire che questo è veramente un paradosso: recentemente sono stato premiato a Treviso per aver scritto il miglior libro di ciclismo dell’anno e qui non mi si fa parlare. E dire che avevo concordato la presentazione con la presidente del Museo Aurora Castellani». È stato il cda, durante una seduta del consiglio, a deliberare un secco e unanime rifiuto allo svolgimento dell’evento. «A distanza di più di cinque mesi dalla sua pubblicazione, nessuno di quanti in questa città si occupano di storia della Resistenza ha avuto la bontà di dirmi se aveva letto il libro (a molti l’avevo anche regalato!) e che idea se n’era fatto. Niente di niente, silenzio assoluto», dice ancora Bernardi.

 

Walter Bernardi

 

L’autore già sapeva che un libro sul Leone delle Fiandre, repubblichino e imputato nel processo per la strage di Valibona, avrebbe fatto rumore in città. Già dagli anni della seconda guerra mondiale il paese natale di Magni, Vaiano, aveva disconosciuto il grande campione, tre volte vincitore del Giro d’Italia. Non si è mai perdonato a Magni di aver preso parte a quella spedizione che attaccò la formazione partigiana nascosta sulla Calvana, nel piccolo abitato di Valibona. In un terribile scontro a fuoco trovò la morte anche Lanciotto Ballerini, considerato un eroe della Resistenza e addirittura qualcuno insinuò che fosse stato addirittura Magni ad ucciderlo. Ma la cosa non è provata, anzi, il corridore fu assolto dall’accusa di omicidio al processo, dove tra gli altri testimoniò a suo favore l’amico e collega Alfredo Martini di note simpatie comuniste (Magni fu condannato per collaborazionismo e poi amnistiato dall’indulto firmato da Togliatti).

«Magni fece una scelta sbagliata, questo nessuno lo mette in dubbio – spiega Bernardi –, nessuno vuole riabilitare i fascisti, né fare il nostalgico, ma solo parlare di un grande campione pratese che ha vinto ed è stato uno dei grandi del ciclismo assieme a Coppi e Bartali». Ma per il Museo su Magni vige una sorta di damnatio memoriae che non può essere cancellata e che vige anche se si intende parlare solo delle sue imprese sportive. Alcuni mesi fa cadde nel vuoto anche la proposta dello stesso Bernardi di intitolare una pista ciclabile ai due amici Magni e Martini.

G.C.

Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments