2 Ottobre 2023

Addio ad Antonio Amore il maresciallo che indagò sul Mostro e scoprì la pista dell’ex legionario


Con quel sorriso stampato in faccia, il fisico agile e minuto i capelli biondi tendenti al rosso, gli occhi vispi e quel nome che pareva inventato Antonio Amore, maresciallo, sembrava un ossimoro nella sede della compagnia dei carabinieri di Prato in via dei Migliorati.
Un contrasto vivente, in quelle stanze sussiegose, abitate da gendarmi alti o robusti. Quasi sempre austeri. Antonio Amore, maresciallo dell’Arma se n’è andato a settantatrè anni in seguito a lunga malattia (oggi 2 ottobre alle 11 i funerali nella chiesa di San Pio IX alle Badie) e con lui se ne va l’uomo che nelle indagini sul Mostro di Firenze aprì una pista suggestiva ma che non incontrò mai del tutto la convinzione dei magistrati: quella legata all’ex legionario pratese Giampiero Vigilanti.

Un uomo dall’identikit e dai trascorsi che sembravano scritti da un romanziere, tanto bene si inserivano nel mistero infinito dei delitti che insaguinarono e attrerrirono la Toscana dagli anni Sessanta al 1985. Dal delitto di Travalle dell’ottobre 1981 la figura di Vigilanti è affiorata più volte nelle indagini, grazie alla determinazione e alle intuizioni di Amore, ma né durante le indagini né durante lo stesso processo Pacciani gli indizi da lui raccolti si tramutarono in prove. Non le munizioni trovate nella casa di Vigilanti al Cantiere, non l’assenza di alibi per l’ultimo delitto, quello degli Scopeti. Non esser riuscito a convincere i magistrati, che perseguivano decisi la pista sarda, poi quella di Pacciani fu il cruccio della sua carriera, interrottasi con la pensione nel 2000. Una piccola rivincita, la riapertura delle indagini sull’ex legionario Vigilanti, avvenutanel 2017.

Lasciata l’Arma, Amore è stato anima dell’Associazione Carabinieri e destinatario dell’affetto della città e dei colleghi più giovani che molto devono ai suoi consigli.

Per me resta il ricordo di una mattina del dicembre 1985, trascorsa nella sede di via Migliorsti in un’angusta sala d’attesa, affollata di uomini che avevano ricevuto una cartolina con l’invito a presentarsi “per affari che la riguardano“. Cartolina che molto preoccupò mia madre quando la ricevette da un messo notificatore. Ero un giovane cronista, che saltuariamente frequentava la caserma. Amore mi riconobbe fra la folla in attesa e vedendo la cartolina, mi prese per un braccio, mi trascinò con piglio sorprendente per un uomo sempre cordiale, nel salone al piano di sopra. Entrando, disse trionfante ai colleghi: “Eccolo qui, l’ho trovato. È l’uomo che cerchiamo”. E mi affidò a un collega, che mi chiese perché la notte fra il 9 e 10 settembre di quell’anno fossi transitato da solo, in piena notte dal casello di Prato (allora esisteva solo quello di Mezzana, attuale Prato est).

Ricordavo tutto: avevo festeggiato il compleanno a Firenze con amici che seguivano su un’altra auto. Mi fecero cenno che bastava così, potevo andare.

Amore mi aspettava fuori della porta, sorridente. Perché mi avete chiamato? Rispose che quella era la notte dell’ultimo delitto del Mostro. Si passava al setaccio ogni auto con un uomo solo a bordo. E anch’io, allora molto giovane, ero finito fra i sospetti. Ti ho fatto paura, eh? Mi disse sorridendo. Un po’- risposi – non ti avevo mai visto così deciso.

Passando davanti alla sala d’attesa sempre più colma di persone pensai a quanta fila avessi risparmiato, grazie a quel gesto brusco, in realtà pieno di cortesia. Anzi, d’Amore.

 

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi

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