22 Gennaio 2024

Festival di Sanremo al Pecci, non basta una serata

Il festival può aiutare il museo a sdrammatizzare il proprio ruolo, ma non è sufficiente la finale sul maxischermo


 

Scrive la lettrice Ilaria Francioni, a proposito del Buongiorno Prato dedicato al museo Pecci che sabato 10 febbraio proietterà  la finale del festival di Sanremo nel cinema interno. “Si critica sempre il Pecci per gli eventi troppo difficili e riservati a un pubblico ristretto – osserva  la lettrice – e non lo si risparmia quando si apre a un evento popolare e di generale comprensione come Sanremo. Non va mai bene niente in questa città”.

 

Gentile Ilaria,
Nel Buongiorno Prato di venerdì scorso mi sono chiesto se la proiezione del festival avverrà  dopo il riconoscimento da parte del museo della musica leggera come espressione artistica. Rispondendo di no: quella del 10 feɓbraio appare la semplice diffusione su schermo di un evento. Il Pecci sarà occasionale contenitore di Sanremo, senza, almeno per ora, inserire il festival e la musica pop in un contesto che lo leghi a sé. Cogliendo l’evento popolare come semplice spunto per attrarre visitatori e alleggerire, sdrammatizzare la propria immagine di fronte a una città che a 36 anni dalla fondazione avverte ancora un muro fra sé e la struttura.

Il museo cerca nella musica pop il pretesto  per promuovere se stesso, in una sorta di mutuo soccorso non raro a verificarsi  fra varie forme d’arte.

Al proposito, proprio la musica leggera e Sanremo furono protagonisti negli anni Cinquanta e Sessanta di un proficuo  asse col cinema: l’uscita di ogni canzone era sostenuta da un film di contenuto “disimpegnato”, che vedeva il cantante protagonista e il brano appena lanciato al centro della colonna sonora. Si chiamava “musicarello“, quella tipologia di film: crasi fra musica e Carosello, l’indimenticabile contenitore  di pubblicità sulla tv monopolista.

Morandi, Albano, Little Tony, Mina, Celentano, Mal, Tony Renis, Caterina Caselli, Orietta Berti e molti altri furono protagonisti dei musicarelli, sottogenere cinematografico nato per sostenere il successo del disco di punta per cantanti e produttori e che finì per realizzare una straordinaria circolarità tra forme d’arte.

Il pubblico dei film si  avvicinava alla musica leggera e i fans dei cantanti per  conoscere meglio il proprio idolo si recavano al cinema. Un po’ quello che si auspica accada il 10 febbraio col museo che ospiterà Sanremo. E se l’anno prossimo la finale del festival al cinema del Pecci fosse anticipata da una rassegna di musicarelli? Magari con annesso il famigerato dibattito in presenza del sempreverde divo di turno (da Albano a Orietta Berti m olti di loro sono disinvolti ospiti delle tv). E col confronto fra i film con tecniche tradizionali di allora e i video digitali applicati alla musica leggera di oggi.

Un pubblico non solo attempato e nostalgico frequenterebbe il museo per più serate, arrivando  culturalmente “preparato” alla finale. Il museo attrarrebbe un pubblico “attivo”, non semplice spettatore sottratto in quella funzione al comodo divano di casa Una crepa nel muro. E il festival al museo non sarebbe più un alieno, ma la piena espressione  di un’Italia contemporanea:  degli anni del boom e di quella attuale.

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi

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