7 Marzo 2024

Banca clandestina per imprenditori orientali, chiesto il processo per 12 indagati

Tra il novembre del 2020 e il marzo del 2021, il gruppo avrebbe spostato tre milioni di euro


Avrebbero creato una banca clandestina con sede in un negozio di elettronica a Firenze e una filiale a Prato per offrire a imprenditori cinesi servizi di trasferimento di denaro in Cina dietro pagamento del 2,5% dell’importo. L’istituto di credito fuori legge, tra il novembre del 2020 e il marzo del 2021, in pieno periodo Covid, avrebbe spostato complessivamente tre milioni di euro. Per dodici cittadini cinesi, la Procura del capoluogo toscano ha ora chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
L’udienza preliminare si aprirà il 25 giugno davanti al gup Antonella Zatini. Due imputati sono stati dichiarati irreperibili dal pm Ester Nocera, che ha coordinato le indagini della guardia di finanza.

L’istituto di credito illegale, secondo quanto ricostruito, accoglieva “i clienti, tutti imprenditori orientali operanti nel settore della pelletteria e dell’abbigliamento” e ritirava “il contante che si intendeva trasferire senza essere tracciati dagli intermediari abilitati dalla Banca d’Italia”. Un modo per non incorrere nei controlli dell’antiriciclaggio.
Il sistema di trasferimento, secondo quanto ricostruito, aveva due principali canali: per piccoli importi gli indagati usavano ‘We chat’ e ‘Alipay’, applicazioni che consentono trasferimenti di denaro associando a un conto una o più carte di credito dalle quali, al momento del pagamento, viene prelevato l’importo esatto; per importi più consistenti attraverso un meccanismo più complesso. In questi ultimi casi il denaro veniva anticipato attraverso conti correnti e carte bancarie accesi in Cina in favore di altri soggetti residenti in madrepatria indicati dagli stessi clienti. Poi il denaro raccolto in contanti nel negozio fiorentino o nella filiale pratese veniva prelevato da ulteriori connazionali (cosiddetti “trasferitori”) e trasportato fisicamente in Cina con altre modalità.

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