17 Aprile 2018

Inps nega a lavoratrice autonoma il congedo parentale: a Prato il primo caso in Italia


Martina Tricoli, 38 anni, è una collaboratrice coordinata e continuativa in un’associazione fiorentina che si occupa di ricerca. E’ una cosiddetta “co.co.co”, una forma contrattuale intermedia tra il lavoro autonomo e quello dipendente, uno dei tanti volti che assume oggi il lavoro precario. Quando ha richiesto i suoi 6 mesi di congedo parentale facoltativo previsti dalla legge n 81 del 22 maggio 2017, si è vista arrivare il diniego da parte dell’Inps: “Non ci sono i requisiti: la lavoratrice ha già usufruito dei mesi di congedo previsti”, la risposta iniziale. In realtà la lavoratrice aveva usufruito dei 5 mesi di maternità obbligatori e dei primi 3 facoltativi, desiderando avere la proroga di altri 3, come disciplinato dalla più recente legge. Quindi i requisiti ci sono: è la circolare applicativa presso la stessa Inps a mancare. Martina è dovuta tornare a lavoro e ad oggi continuano a mancare in seno all’ente di previdenza sociale gli strumenti attuativi di una legge che offre qualche tutela in più alle lavoratrici autonome e parasubordinate che vanno in maternità. “La legge prevede che anche le lavoratrici con partita Iva iscritte alla Gestione separata possano fare richiesta fino ad un massimo di 6 mesi di congedo parentale facoltativo di cui usufruire entro i primi tre anni del figlio – spiega Giovanni Santi, segretario provinciale della Nidil Cgil di Prato -.  La normativa del maggio 2017 aveva risposto finalmente alla richiesta di migliaia di lavoratori iscritti alla Gestione separata di poter godere di un periodo contribuito ed indennizzato al 30% per curare i propri figli, avvicinandosi, seppur limitatamente, alle tutele previste per i lavoratori subordinati. Il diritto che viene adesso negato non è un godimento rimandabile nel tempo: se un lavoratore lo chiede è perché c’è un bisogno contingente, non si può attendere l’emanazione di una circolare per poterne beneficiare”.

Non è la prima volta che accade un fatto simile: nel 2012 a mancare era la circolare applicativa per i tre mesi di congedo parentale facoltativi previsti dal decreto Salva Italia del governo Monti. Dopo una mobilitazione della Nidil Cgil, un anno dopo si arrivò a poter dare attuazione alla normativa. Cambia la legge, aumentano le tutele, ma solo sulla carta. Martina appare come il primo caso nazionale in questo senso: i lavoratori precari sono tanti, ma spesso sono poco a conoscenza dei loro diritti. “Il mio caso deve essere un esempio – dice Martina – e un segnale di allarme per tutti quei lavoratori precari, autonomi e parasubordinati iscritti alla Gestione separata che possono godere di questo congedo, ma che non lo fanno perché non lo conoscono. La rapidità di aggiornamento da parte dell’Inps potrebbe passare anche dal numero di questo tipo di richieste che le arrivano”.

Lucrezia Sandri

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