Per non dimenticare: 70 anni fa la deportazione di 137 pratesi nei campi di concentramento nazisti. Solo in 18 tornarono


Settant’anni fa, il 7 marzo 1944, 137 pratesi furono deportati nei campi di concentramento nazisti di Mauthausen ed Ebensee, in Austria. Solo in 18 fecero ritorno a casa.

Una pagina vergognosa e dolorosa della nostra storia compiutasi all’indomani di una delle vicende meno conosciute ma più significative della resistenza civile al nazifascismo, lo sciopero generale nazionale dei primi giorni di marzo di quello stesso anno.

La vicenda è stata ricostruita dallo storico pratese Claudio Caponi nelle pagine pratesi del settimanale Toscana Oggi, da domani in edicola. Per gentile concessione del giornale, riportiamo integralmente l’articolo. Nello stesso numero è pubblicata anche una interessante conversazione con Giancarlo Biagini, presidente dell’Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati) di Prato, figlio di Diego, uno dei pratesi che dai lager non fecero mai ritorno.

Proprio Giancarlo Biagini ha partecipato insieme a Camilla Brunelli, direttore del Museo della Deportazione di Figline, alla puntata di “Intorno alle nove” andata in onda ieri sera su Tv Prato (guarda la puntata).

Subito dopo la nostra emittente ha trasmesso in prima visione televisiva il docufilm del regista pratese Gabriele Cecconi, intitolato «Eppure, quando guardo il cielo», con una attenta e interessante ricostruzione di quella tragedia.

Ecco l’articolo di Claudio Caponi.

Tutto iniziò con gli scioperi in fabbrica del marzo ’44

Sullo sciopero tessile attuato a Prato dal 4 al 9 di marzo del 1944 per iniziativa di un comitato segreto di agitazione interpartitico, che vide come principali, anche se non unici, organizzatori i comunisti, molto è stato scritto, a proposito della sua laboriosa preparazione, i suoi sviluppi e, soprattutto, il suo drammatico epilogo. La bibliografia esistente, a partire dall’importante saggio di Marco Palla, nel quarto volume della storia di Prato promossa dal Comune, si basa, oltre che sugli scritti di alcuni protagonisti di allora (tra cui spiccano i memoriali di Angiolo Menicacci, di Aldo Petri e di Carlo Ferri), sulle successive raccolte di testimonianze e ricerche archivistiche di Michele Di Sabato e di Alessandro Affortunati, nonché sulle puntuali ricostruzioni cinematografiche di Gabriele Cecconi. Dall’insieme di questi documenti risulta che Prato rispose con qualche giorno di ritardo alla forte iniziativa sorta nel Nord per protestare contro la guerra, il carovita e la prospettiva incombente di reclutamento obbligatorio di massa da parte tedesca (la minaccia, che ben presto si tradusse in pratica, riguardava circa due milioni di operai in tutta Italia, di cui 100.000 nella sola Toscana). La mobilitazione operaia partì già dall’inizio del 1944 per opera di gruppi organizzati di comunisti piemontesi e fu avallata dal Cln dell’Alta Italia, estendendosi rapidamente al resto del Paese, con l’obiettivo, poi pienamente raggiunto, di organizzare per il 1° marzo uno sciopero generale a partire dalle regioni del Centro nord. La particolare struttura produttiva del sistema tessile pratese non facilitò la diffusione delle informazioni e il comitato segreto di agitazione, in cui si distinsero particolarmente gli attivisti comunisti, ebbe qualche difficoltà a lanciare tempestivamente la mobilitazione. Già nei due mesi precedenti i partigiani avevano messo in atto diverse azioni di sabotaggio in tutto il territorio pratese: Ma la vera e propria azione di forza si mosse a partire dal mattino del 4 marzo, con l’entrata in fabbrica del primo turno di lavoro. Gli organizzatori dello sciopero bloccarono i principali accessi alla città e presidiarono i maggiori stabilimenti, ottenendo adesioni crescenti e quasi totalitarie. Purtroppo, come era da temere, la reazione nazifascista fu terribile, con indiscriminati rastrellamenti non solo di operai, ma anche di inermi cittadini e la loro deportazione nei campi di sterminio nazisti. Giorgio Bocca così sintetizza la situazione del Nord: «Trascorrono otto giorni in un paese occupato prima che il tedesco si risolva ad intervenire con la forza. All’ottavo giorno però la repressione è dura: settecento deportati a Torino, seicento a Milano». Secondo le ricerche del Di Sabato i pratesi catturati a seguito dello sciopero e deportati in Germania furono 137 e di essi ne ritornarono a casa solo 18. Lo sciopero terminò il 10 marzo e rappresentò un significativo episodio della locale lotta di liberazione, dando una decisiva spinta all’organizzazione, politica ed armata della Resistenza. Non a caso, proprio in quei giorni si costituì la prima formazione partigiana combattente in Val di Bisenzio. Tracciandone un primo bilancio a livello nazionale, il Clnai lo definì non a caso «il segno della sicura rinascita della Patria e della sua prossima liberazione».

Claudio Caponi

(Nella foto: Lager di Ebensee, maggio 1945, un gruppo di superstiti, subito dopo la liberazione. Fonte: National Archives di Washington, USA Army / Museo della Deportazione di Figline – Prato)

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Armando Gattai
Armando Gattai
10 anni fa

In pratica i fascisti persero e i loro ideali furono rigettati anche dai militari che passarono dalla parte degli oppressi.

Armando Gattai
Armando Gattai
10 anni fa

In pratica i fascisti persero e con loro anche i suoi ideali, oltre alle persone non politicizzate anche i militari passarono con le forze di Liberazione Nazionale.

cecco
cecco
10 anni fa

speriamo che la memoria venga sempre mantenuta viva, sopratutto in tempi come i nostri. rendiamo onore a chi è morto per opporsi alla barbarie.