Un politico pratese intervista Buffon e racconta in un libro la storia dei portieri “eroi di sventura”


Ha raccolto in un volume le storie di oltre cinquanta portieri “sfortunati” nella storia del calcio e ha recentemente intervistato il numero uno della Nazionale Gigi Buffon. Fausto Bagattini, ex assessore alla cultura del Comune di Montemurlo è autore del libro “Portieri, eroi di sventura”, edito da ultra sport con prefazione di Sandro Veronesi.
Una galleria di ritratti, che nasce dalla passione per il calcio e per il ruolo dell’estremo difensore, praticato dallo stesso Bagattini. Ruolo che è vocazione, spesso al sacrificio, perchè “il portiere ha il potere di far perdere la propria squadra: al massimo – chiarisce Bagattini – il portiere che fa una partita strepitosa può consegnare alla propria squadra uno zero a zero, mentre un suo unico errore può essere fatale”. Come scrive Sandro Veronesi nella prefazione: “Fare il portiere è un matrimonio infelice”.

Per questo molti portieri vengono ricordati per una papera, e nel libro ci sono vari esempi: quello più noto agli italiani è il caso di Walter Zenga, ricordato per l’errore che ha consegnato a Caniggia e all’Argentina la finale dei Mondiali a Italia ’90.
Ma gli eroi di sventura di cui scrive Bagattini sono tanti, di varie epoche e nazionalità: c’è la storia di Moacir Barbosa, estremo difensore verdeoro la cui papera nella finale di Coppa Rimet giocata in casa contro l’Uruguay costò al Brasile il primo titolo iridato.

Le conseguenze passarono alla storia come la “tragedia del Maracanà”: “54 persone si suicidarono e una trentina di persone morirono di infarto per il dolore della sconfitta – racconta Bagattini, ospite di Intorno alle Nove – E il povero Barbosa che fino ad allora era stato ineccepibile, un eroe di quella Nazionale, verrà messo al bando, non solo sportivamente ma anche umanamente, al punto da essere ricordato come l’uomo che ha fatto piangere i brasiliani. Barbosa non potra più uscire di casa senza che nessuno lo additi in segno di disonore, finirà in miseria a fare il custode dello stadio Maracanà e quando arriverà il momento di sostuituire il manto erboso, chiederà di portare a casa i pali di quella porta maledetta e di poterli bruciare in giardino per scacciare i demoni. Ma la condanna più lunga della storia non si esaurisce: più che ottantenne, nel 1993, chiede di poter fare un saluto alla nazionale brasiliana in ritiro alla vigilia del Mondiale statunitense. Gli viene risposto che non è un ospite gradito”.
“A 43 anni di distanza e tre Mondiali conquistati – scrive nel libro Bagattini – il Brasile non lo ha ancora perdonato. Barbosa si sfogherà amaramente con i giornalisti, spiegando che in Brasile la pena massima per un omicidio è trent’anni, mentre lui pagava da più di quarant’anni per un reato chenon aveva commesso. Aggiungerà che se nel corso della sua vita non avesse imparato a contenersi ogni qual volta qualcuno lo rimproverava per quel gol, sarebbe finito di sicuro o in carcere o al cimitero”.

Alle sventure dei portieri si aggiunge quella dell’autore, che nel corso della stesura del libro ha subito il furto del computer dopo aver già scritto 370 pagine, e ha dovuto ricominciare daccapo. Adesso sta lavorando a un seguito sui portieri “canaglia”.

Per una rivista legata “Panorama”, Bagattini ha recentemente intervistato quello che ritiene tuttora il più forte portiere del mondo: Gigi Buffon. “E’ stato un incontro molto emozionante. Parlando con lui è emerso proprio il fascino che ho sempre trovato nel ruolo del portiere: colpisce il suo essere personaggio, la sua alterità e diversità rispetto ai compagni. Il portiere si differenzia dall’abbigliamento e deve avere carisma: è un giocatore fondamentale che vede i compagni da dietro, dirige la difesa e l’intera squadra. Alla domanda su chi fossero i suoi modelli di riferimento, Buffon ha risposto ‘Me stesso’: un numero uno lo è fino in fondo. Quando poi ho chiesto qualche collega a cui si è ispirato mi ha indicato portieri come Marchegiani, Peruzzi, il suo mito ‘Nkono, il camerunense di Italia Novanta per cui ha cominciato a giocare a pallone. Ma mi ha sorpreso citando anche Franco Mancini, il portiere del Foggia di Zeman, un personaggio molto estroso che quando non stava in campo suonava in un gruppo reggae ed era più forte coi piedi che con le mani”.

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