2 Febbraio 2016

Rogo via Toscana, gli avvocati difensori chiedono l’assoluzione degli immobiliaristi: “Non sapevano dei dormitori abusivi” VIDEO


I proprietari del capannone non erano a conoscenza della presenza di abusi edilizi e dormitori abusivi e non hanno responsabilità nell’incendio che ha provocato la morte di sette operai cinesi. É la tesi dei legali di Massimo e Giacomo Pellegrini, gli immobiliaristi pratesi a processo per omicidio colposo plurimo, incendio colposo aggravato e lesioni gravi, reati per i quali il pubblico ministero Lorenzo Gestri ha chiesto una condanna, per ciascuno, a 4 anni e 10 mesi di reclusione (leggi l’articolo).
Oggi hanno discusso i cinque avvocati della difesa, che hanno illustrato la loro posizione e hanno chiesto l’assoluzione dei loro assistiti.
Secondo la difesa, rappresentata dagli avvocati Alberto Rocca e Luca Bisori per Massimo Pellegrini, Michele Nigro e Valerio Valignani per Giacomo Pellegrini e Andrea Niccolai, responsabile civile dell’immobiliare Mgf srl, gli elementi acquisiti non danno prova della consapevolezza degli abusi edilizi. I sopralluoghi dei locatori nel capannone, secondo i legali, avrebbero potuto essere fugaci e secondo quanto afferma tanta giurisprudenza pratese, la presenza di soppalchi di per sé non è indice di abusi edilizi, né di dormitori: strutture di questo tipo – hanno sottolineato – sono ammesse ad esempio per il ricovero di attrezzature.
Nel respingere le accuse, i legali hanno poi contestato la credibilità della principale accusatrice degli imputati: Lin You Lan, la titolare di fatto della Teresa Moda, l’azienda a cui era stato affittato il capannone. L’imprenditrice è stata condannata in primo grado, in un procedimento parallelo con rito abbreviato, a 8 anni e 8 mesi di reclusione (leggi l’articolo). Secondo i legali dei Pellegrini la sua testimonianza è stata frutto di una strategia difensiva mirata ad addossare ad altri le responsabilità della tragedia.

La difesa ha sottolineato che la causa dell’incendio, un malfunzionamento dell’impianto elettrico o di qualche apparecchiatura ad esso collegato, è stata individuata dai vigili del fuoco in via ragionevole, ma senza prove certe. “L’incendio si sarebbe potuto innescare in mille altri modi, per esempio a causa di una sigaretta, visto che nei locali si fumava, anche nei pressi di tessuti e pelucchi altamente infiammabili” ha affermato l’avvocato Andrea Niccolai, che ha poi aggiunto: “Se anche il motivo scatenante dell’incendio fosse il malfunzionamento dell’impianto elettrico, ciò non è imputabile ai proprietari dei capannoni che hanno consegnato i locali privi di impianto. Come per l’accumulo dei materiali in quantità abnorme e l’assenza di mezzi di spegnimento, si tratta di inadempienze e responsabilità imputabili al datori di lavoro. La zona di innesco – ha continuato Niccolai – è stata individuata fuori dai dormitori, realizzati peraltro in cartongesso, un materiale ignifugo usato in edilizia anche lungo le vie di esodo, pareti e soffitti. Nello sviluppo delle fiamme non vi è dunque alcun contributo causale riferibile ai signori Pellegrini, che non hanno dunque responsabilità nell’evento incendio”. L’avvocato Niccolai non ha poi risparmiato una stoccata a Comune di Prato e sindacati che, ammessi come parti civili al processo, hanno presentato richiesta di risarcimento.

“Stiamo attenti – ha aggiunto l’avvocato Alberto Rocca – addebitando responsabilità ai Pellegrini e ampliando a dismisura i profili della colpa dei locatori, rischiamo di enunciare il principio per cui il proprietario ha il dovere di continua sorveglianza sull’operato delle imprese. Rischiamo di addivenire ad una norma aperta e generalissima e di creare giuridicamente il controllore dell’imprenditore. È una figura che non può stare in questo processo e non può stare nell’ordinamento”.
L’avvocato Rocca ha poi contestato l’immagine che la pubblica accusa aveva fatto dei fratelli Pellegrini: immobiliaristi senza scrupoli disposti ad accettare il rischio pur di mettere a reddito i capannoni.

D.Z.

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