1 Febbraio 2019

Permessopoli, tutti assolti i poliziotti a processo


Tutti assolti i poliziotti a processo nell’ambito dell’inchiesta “Permessopoli”, che nel marzo 2010 travolse la Questura di Prato per un presunto sistema di favori a cittadini cinesi per agevolare il rilascio di permessi di soggiorno, con ipotesi di falso, abuso di ufficio e corruzione a carico di 5 poliziotti.
Oggi, quasi nove anni dopo l’avvio dell’inchiesta, portata avanti dai colleghi della squadra mobile, e dieci anni dopo i fatti contestati, è arrivata la sentenza di primo grado del Tribunale di Prato che ha assolto tutti gli imputati, per alcuni reati constatando l’intervenuta prescrizione, per altri riconoscendo che il fatto non sussiste.
Il sostituto procuratore Laura Canovai aveva chiesto pene pesanti per gli imputati: sette anni e mezzo per Michele Passeri, all’epoca poliziotto in forze all’ufficio immigrazione; sei anni e mezzo per Fabio Pichierri, ex vicequestore e capo delle volanti; 2 anni e 8 mesi per l’ispettore capo Sergio Galise, e tre anni per ciascuno degli altri due poliziotti a giudizio: Daniela Ognibene ed Emanuele Ghimenti. Prescritti i reati contestati a Dong Bangyun, per il quale la Procura aveva chiesto una pena di 5 anni e mezzo. I poliziotti erano quasi tutti presenti alla lettura della sentenza, accolta con un misto di rabbia – per essere stati imputati per tanti anni – e soddisfazione per l’esito del processo.
Accolte dunque dal collegio presieduto dal giudice De Luca, le ragioni degli avvocati Manuele Ciappi, Andrea Pagnini, Ugo Fanti, Grazia Ciarlitto, Alberto Rocca, Michele Nigro e Gabriele Zanobini.
“Questa sentenza – afferma l’avvocato Pagnini – arriva dopo un’istruttoria puntuale: il Tribunale ha studiato le carte del processo e ha restituito i fatti. Purtroppo non potrà alleviare quello che il mio assistito (Michele Passeri, ndr) ha subìto in questi 9 anni: quattro mesi di carcere e l’estromissione dalla Polizia”.
E’ invece rientrato in servizio, dopo 53 giorni di arresti domiciliari e alcuni mesi di sospensione, Fabio Pichierri, oggi vicequestore di Bologna.
“All’epoca a Prato – afferma il suo avvocato Manuele Ciappi – Pichierri era vicequestore aggiunto, capo dell’ufficio prevenzione crimine e soccorso pubblico e aveva alle sue dipendenze cento uomini. Per lui oggi è finito un incubo, ma la carriera che poteva fare, non gliela restituirà nessuno. Probabilmente questa inchiesta è stata comunicata dalla pg che svolgeva le indagini all’autorità giudiziaria in maniera – involontariamente, per carità – un po’ sovradimensionata” conclude l’avvocato Ciappi.

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