21 Settembre 2023

Mostro di Firenze, in un libro la cronistoria del delitto di Signa. «Ho letto tutti gli atti, qui c’è la chiave del mistero»

Gian Paolo Zanetti ha avuto accesso alle carte processuali del duplice omicidio del 1968. Dopo due anni e mezzo di lavoro ha dato alle stampe un volume che ripercorre in modo completo il primo delitto compiuto dalla famigerata calibro 22. «Il passaggio della pistola è una invenzione processuale»


Per due anni e mezzo ha letto e studiato tutte le carte processuali e gli atti di indagine del primo duplice delitto compiuto dalla famigerata Beretta calibro 22, la pistola del Mostro di Firenze. Da questo lavoro certosino è nato un libro che documenta in ordine cronologico tutti i fatti riferiti in quei documenti, dando così modo ai lettori di ricostruire quel doppio omicidio avvenuto a Signa nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1968. L’autore è Gian Paolo Zanetti, 50 anni, laureato in Scienze politiche e impiegato in una azienda di spedizioni. Il suo è un nome noto nel fitto e sempre più ampio pubblico di appassionati della vicenda del Mostro di Firenze, il caso di cronaca nera più lungo e intricato della storia italiana, perché Zanetti ha partecipato a trasmissioni andate in onda nelle web radio e a podcast dedicati all’argomento.

«Convinto che il diavolo si nasconda nei dettagli», Gian Paolo Zanetti ha riportato nelle 350 pagine del libro, intitolato «Mostro di Firenze – La madre di tutte le indagini», tutti i minimi particolari contenuti nel faldone relativo al duplice delitto di Signa, dove morirono Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, due amanti che decisero di amoreggiare in auto nei pressi di Villa Castelletti nel Comune di Signa. A bordo c’era anche il figlio della donna, il piccolo Natalino Mele, sei anni, svegliato dai colpi di arma da fuoco e unico vero testimone dell’intera vicenda, che in diciassette anni conterà sedici morti e tanto dolore. Per l’omicidio della coppia fu condannato Stefano Mele, marito di Barbara, che finì in carcere e poi in una casa di riposo per ex detenuti. La pistola usata a Signa sparò ancora fino al 1985. Negli anni ’90 ci furono i processi a Pietro Pacciani e ai cosiddetti Compagni di merende.

 

La croce posta a Castelletti di Signa sul luogo dell’omicidio

 

A Signa c’è la «chiave» per scoprire la verità su questa lunga vicenda?

«Io credo di sì – afferma Zanetti – il fatto che l’unicità della pistola non sia mai stata messa in dubbio, neppure a livello processuale, la dice lunga sull’importanza di questo duplice omicidio. Qui è stata usata una pistola che poi colpisce in altre sette occasioni».

Di libri sulla vicenda «Mostro» ne sono stati scritti moltissimi, il suo in cosa si differenzia?

«Sono stato il primo e unico studioso ad aver avuto accesso all’intero faldone del 1968. È stato un lavoro lungo, ho avuto il nullaosta da parte della Procura della Repubblica di Firenze e mi fu concessa la possibilità, in numerosi appuntamenti concordati, di consultare gli atti e di poter prendere manualmente gli appunti di cui avevo bisogno. Gli atti dunque sono trascritti da me e contengono un mio commento, in questo modo ho voluto accompagnare il lettore secondo un filo logico. La vicenda è estremamente complessa».

 

 

Il filo rosso che lega l’intera vicenda è costituito dalla pistola. Come ha fatto secondo lei a passare dalla mano di Stefano Mele a quella di chi ha ucciso dal 1974 in poi?

«Il passaggio della pistola è stato una vera e propria invenzione a livello processuale. Furono condannati prima Pacciani e poi i cosiddetti Compagni di merende e quindi se ne dedusse che la pistola del ‘68 fosse per forza passata di mano, ma non c’è ad oggi alcun tipo di atto o elemento che possa dimostrare un reale passaggio di pistola, ecco perché io ritengo che questo caso sia la chiave di volta di tutta la vicenda».

Qual è la sua tesi?

«Non è riportata nel volume, non credo sia pertinente a quanto ho scritto. Questo è un libro che narra una storia strettamente legata agli atti di indagine. Chiaramente ho una mia idea, è quella di una pista sarda “molto ridotta”, con un personaggio che emerge chiaramente e in modo abbastanza plateale come possibile indagato e come possibile sospetto di questa vicenda e di quelli che saranno gli sviluppi futuri».

Perché questa vicenda continua a essere oggetto di discussione, soprattutto nelle web radio e sui canali Youtube? Cosa c’è ancora da scoprire?

«Presso la Procura della Repubblica c’è una stanza dedicata solo ai faldoni del Mostro di Firenze, è praticamente una parete intera, costellata di documenti accatastati. Se uno avesse la possibilità di leggere ci sarebbe ancora tanto da scoprire».

Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments